Lo scorso 1 aprile il Comune di Napoli ha dedicato un belvedere di Posillipo all’eclettica artista e attivista partenopea.
Napoli, si sa, è sempre stata ed è una città all’avanguardia, anche nella protesta. Per questo occorre, ogni tanto, scavare nella memoria e riportare alla luce le vicende gloriose – e neanche tanto lontane – di personaggi che sono entrati nei libri di storia, che hanno anticipato tempi e pratiche individuali e collettive. Una di queste è l’artista trans femminista Lina Mangiacapre, cui lo scorso 1 aprile il Comune di Napoli ha deciso di dedicare un belvedere in via Posillipo all’altezza del civico 44.

Lina – nata Carmela nel 1946 da una famiglia di Posillipo – ha fatto la storia del movimento femminista napoletano: artista totale ed eccentrica, è stata romanziera, poeta, fotografa, musicista, sceneggiatrice, regista teatrale e cinematografica. Laureata in filosofia, nel 1970, in piena lotta studentesca, fondò il collettivo “Le Tre Ghinee/Nemesiache” – associazione ancora oggi attiva – e nel 1976 la rassegna del Cinema femminista di Sorrento “L’altro sguardo”, primo festival del genere in Europa. Al centro delle sue azioni e delle rivendicazioni, le sue donne «memorabili»: soggetti nomadi, in rivolta contro ogni forma di oppressione e conformismo. Per la Mangiacapre l’arte e la creatività sono sempre state una forma di lotta politica attraverso vere e proprie azioni/ performance spesso in abiti maschili o che richiamavano l’immaginario tellurico/ mitologico. Nonostante il suo perenne spostarsi tra Roma e Parigi, l’azione di Lina Mangiacapre è sempre stata profondamente radicata sul territorio napoletano, senza nessun folclore ma con un piglio anticonformista e decisamente anticipatore – di oltre vent’anni – di una pratica femminista che essere che rompeva drasticamente e provocatoriamente i codici imposti dal patriarcato.

Celebri le interruzioni del collettivo “Le nemesiache” durante conferenze o eventi pubblici, o le loro azioni con le donne psichiatrizzate (prima della legge Basaglia), o il convegno che la Mangiacapre organizzò assieme alle sue compagne all’indomani del terremoto dell’Ottanta sulla “ricostruzione vista dalle donne”. La sua attività trovò riscontro anche in ambiti istituzionali e nazionali: nel 1987 creò il Premio Elvira Notari, ora Premio Lina Mangiacapre e assegnato alla Mostra cinematografica di Venezia; nel 1990 la Presidenza del Consiglio dei Ministri le assegnò il Premio per la cultura e nel 1996 realizzò lo spot “Da elettrici a elette” per la Presidenza del Consiglio per celebrare il 50/o anniversario del voto alle donne. Oltre alla pubblicazione di romanzi, poesie e opere teatrali, ha scritto per quotidiani e riviste, tra cui L’unità, Paese Sera, Quotidiano donna, Effe, Femmes en Mouvement. Nel 2015 la scrittrice e cineasta romana Nadia Pizzuti le ha dedicato il documentario “Lina Mangiacapre, artista del femminismo” che ha girato per molti festival italiani ed europei. Scomparsa il 23 maggio 2002 a Napoli, ci sono voluti più di dieci anni per un riconoscimento “cittadino”. Alla cerimonia per l’inaugurazione del belvedere “Lina Mangiacapre”, il sindaco Luigi De Magistris, la sorella e molti amici. Una concittadina più che onorevole, la cui storia dovrebbe essere raccontata a tutti i napoletani, soprattutto alle nuove generazioni.

Box: trailer doc “Lina Mangiacapre, artista del femminismo”: https://vimeo.com/113689423
