L’incantevole favola di Ninfa

Ninfa
Ninfa

Se ne parla già in opere della classicità come la “Naturalis Historia” di Plinio il Vecchio. Lo stesso nome della cittadella è un omaggio alla dea dell’acqua.

Ecco Ninfa, ecco le favolose rovine di una città che con le sue mura, torri, chiese, conventi e abitati giace mezza sommersa nella palude, sepolta sotto l’edera foltissima. In verità, questa località è più graziosa della stessa Pompei le cui case si innalzano rigide come mummie tratte fuori dalle ceneri vulcaniche, invece sopra Ninfa si agita un olezzante mare di fiori, ogni parete, ogni muro, ogni chiesa ed ogni casa sono avvolti in un velo d’edera e su tutte le rovine sventolano le bandiere purpuree del dio trionfante della primavera. Questo scriveva Ferdinando Gregorovius il grande storico viaggiatore nel suo “Passeggiate Romane” sul finire del 1800.

Ma di Ninfa  si parla già in opere della  classicità come la “Naturalis Historia” di Plinio  il Vecchio.

Lo stesso nome della cittadella è un omaggio a Ninfa, la dea dell’ acqua. Qui i Romani eressero un tempietto in onore delle Ninfe e di recente sembra sia stato individuato nel laghetto in cui si riflettono la Torre trecentesca e le mura merlate del castello dei Principi Caetani, ultimi proprietari privati di quella che già nel secolo scorso venne decantata come una Pompei del Medio Evo.

Se ne ripercorriamo la storia, in un excursus sintetico, ricordiamo che nell’ottavo secolo l’imperatore Costantino V la offrì in dono a Papa Zaccaria, proprio nel momento in cui la città assumeva una posizione strategica, trovandosi lungo quella Via Pedemontana sottostante i Monti Lepini la cui crescente importanza tendeva a sostituire la decadente Via Appia.

La città nel 1159 ospitò l’elezione del pontefice Alessandro III nella chiesa di Santa Maria Maggiore. Nel 1171 Federico Barbarossa la saccheggiò.

Dopo essere passata ai Frangipane che la ricostruirono venne acquistata nel 1297 da Papa Bonifacio VIII che operò la ricostruzione completa della città. Un secolo più tardi fu nuovamente saccheggiata e incendiata, iniziando un letargo di ben sei secoli, da cui si risvegliò nel 1920 quando Gelasio Caetani iniziò la creazione dei favolosi giardini.

Nel culmine del suo splendore Ninfa era ricca di chiese e torri, difesa da una doppia cinta di mura e fornita di opere di ingegneria  sia per l’approvvigionamento idrico che per gli attracchi fluviali.

All’interno della cinta muraria sorgevano sette Chiese (tra cui Santa Maria Maggiore) e altre due fuori dalle mura. Di queste chiese rimangono resti significativi solo quelli di Santa Maria Maggiore.

Fra le dieci torri della città, simbolo delle famiglie più ricche e potenti, spiccava quella fatta erigere da Pietro Caetani. Nel lato Sud della suddetta cinta di mura  si trova un piccolo ponte a due campate sotto il quale scorre il fiume Ninfa, nel punto in cui esce dalle mura dell’ antica città .

Questo particolare ponte è denominato “del Macello”. Sull’ origine del nome sono state formulate due ipotesi :la prima più suggestiva, narra di una cruenta battaglia, avvenuta nei pressi del ponte per la difesa della città, il sangue dei soldati colpiti dalle lance arrossava le acque del fiume.

La seconda, più verosimile anche se meno suggestiva ci riconduce ad una costruzione che sorgeva nei pressi del ponte, ormai andata completamente perduta che, con tutta probabilità serviva per la macellazione della carne.

I restauri messi in atto dalla famiglia Caetani hanno riportato alla luce quasi tutte le costruzioni più importanti torri, chiese, il municipio nonché alcuni resti delle numerose case che formavano il nucleo centrale dell’ abitato. Tale scenario viene lasciato allo sguardo meravigliato del visitatore che godrà dell’ incantevole cornice dei giardini di Ninfa. La varietà di specie è tale da essere stata definita uno dei prodigi del mondo.

Negli otto ettari di giardino a cui vanno aggiunti i 2.000 ettari dell’Oasi faunistica, crescono circa 1.300 specie vegetali, tra le quali cipressi e pini, cedri e pioppi, salici e noci agrifogli e faggi, ippocastani e magnolie, camelie, gelsomini, ginestre rampicanti. Aggirandosi tra i viali della città morta ci si rende invece conto di quanto essa sia viva: le edere si arrampicano tra le bifore del castello, i limoni e gli aranci maturano tra i resti della doppia cinta muraria, profumi vengono emanati dalle aiuole disseminate lungo il percorso.

In questo autentico paradiso terrestre, numerosi poeti e letterati contemporanei hanno trovato pace ed ispirazione, in una sorta di “salotto letterario” si sono avvicendati Virginia Woolf, Truman Capote, Tennessee Williams, Ungaretti, Moravia e ricordiamo soprattutto Bassani, il quale in una parte del giardino chiamata “la dogana” ha scritto nel 1962 il celebre romanzo “ I giardini dei Finzi-Contini”.

In tempi recenti ed esattamente nel 1973, il giardino di Ninfa che rappresenta la perfetta simbiosi tra uomo e natura, diventa Oasi del WWF e successivamente viene dichiarato “monumento naturale” e in seguito riconosciuta come Sito di Importanza Comunitaria (SIC) e inserito nella rete “Natura 2000”. I Sic sono individuati come luoghi di rilevante valore scientifico, tipico o biotipico a seconda della tipologia di habitat naturale, non in relazione alla sua estensione, bensì alla varietà delle specie animali e vegetali presenti  per la salvaguardia della “biodiversità”.

Ed infatti nel corso d’acqua che attraversa il giardino possiamo osservare il rarissimo martin pescatore, mentre le acque del lago sono frequentate da gallinelle, porciglioni e cannaiole oltre alla lontra. Con un po’ di fortuna il visitatore potrà avvistare il corvo imperiale, il codirosso e il passero solitario che spiccano il volo dalle rupi della montagna retrostante.

La gestione è ora affidata alla Fondazione Caetani in collaborazione con il WWF e  la LIPU.

Ricordiamo infine che è  abbastanza semplice per il viaggiatore  arrivare a Ninfa, è sufficiente infatti percorrere la statale Appia da Latina, da Cisterna o Terracina per imboccare successivamente una delle tante strade che si dirigono verso i Monti Lepini per raggiungere l’Oasi.

Dopo aver visto, ammirato e goduto lo spettacolo che offre Ninfa, ci sembra naturale  dare ancora la parola al Gregorovius il quale definì Ninfa come “la più meravigliosa favola della storia e della natura che io abbia mai visto” .

 

Photo: Stefano Manfredini

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