Lo Spirito Santo (romano) dei Napoletani

Quel verso del Credo che dice la Chiesa “apostolica” non è un ornamento, ma un riferimento preciso. Significa che è di matrice romana e tutte le chiese particolari sono a Roma collegate. E non è altrettanto un caso che, nell’Italia preunitaria, vi fossero chiese a carattere nazionale, di ciascun paese nell’altro e tutti (o quasi) a Roma. Erano catalizzatori di comunità che si trovavano all’estero, ed oltre alla funzione spirituale esercitavano vere e proprie mansioni di ambasciata. Poco conosciuta, anche perché costretta da quarant’anni di silenzio e chiusura, lo Spirito Santo dei Napoletani in Via Giulia è la sede romana dell’ex Regno delle Due Sicilie per eccellenza, sorta dapprima come romitorio ed in seguito affidata alla Congregazione dei Bianchi, che creava un ponte istituzionale e religioso tra la capitale e Napoli.

Fatta, ritoccata e ripensata più volte dal XIV secolo (e molto spesso distruggendo precedenti sussistenze assai pregiate, come la facciata di Cosimo Fanzago), la chiesa ha un aspetto architettonicamente semplice, a singola navata, ma arricchita da un corredo artistico di tutto rispetto. A cominciare dall’ultima tela dell’anziano Luca Giordano, Il martirio di San Gennaro, che decora una delle cappelle laterali, o da una scultura della Vergine vestita con tessuti delle seterie di San Leucio. O, tornando indietro, ad un frammento di affresco recuperato, con una Madonna col Bambino attribuita all’ambito di Antoniazzo Romano, tra i primi ricettori delle novità Rinascimentali sul Campidoglio.

Oggi rivive una stagione di ripresa e di nuova vita, con la rettoria di Mons. Natalino Zagotto, che, veronese, si è occupato dagli anni ’80 della ripresa del sito, dei restauri, dell’arricchimento di nuove opere anche contemporanee, come il Crocefisso del napoletano Antonio Nocera sul presbiterio, ed altrettanto delle tradizioni squisitamente napoletane, come le celebrazioni del 19 settembre ed il mantenimento delle lapidi sepolcrali di Francesco II e Maria Sofia (e della loro unica figlioletta premorta), ultima coppia regia partenopea prima dell’Unità. Ma per una ripresa occorrono certo conoscenza e sostegno.

Alla prima ha provveduto la storica dell’arte Paola Di Giammaria, responsabile della Fototeca vaticana, con una guida dedicata alla chiesa di prossima uscita, prefata dall’ex direttore dei Musei Vaticani Antonio Paolucci. Al secondo, invece, la Fondazione Mediterraneo Terzo Pilastro, coordinata da Emmanuele F.M. Emanuele, tra le poche superstiti braccia forti del mecenatismo italiano. Naturalmente — precisa Mons. Zagotto — la chiesa oggi non assolve più i suoi compiti di un tempo, ed è una delle tante rettorie romane, ma ha il compito di significare tutta la sua storia secolare, incarnata dal suo corredo artistico. Il senso di “napoletano” in questa chiesa si estende a tutti coloro che non erano propriamente cittadini ma “regnicoli”, come il prelato venosino Giovan Battista de Luca, giureconsulto di San Pietro, di cui la chiesa ospita la splendida e monumentale sepoltura, gioiello del tardo Seicento ad opera di Domenico Guidi.

E guardando invece alle connessioni extra napoletane, lo Spirito Santo fu frequentata dalle personalità più rilevanti della Chiesa, come i santi Ignazio di Loyola, Filippo Neri e Vincenzo Pallotti. Ancora più internazionalmente: l’organo del ricercatissimo Pietro Pantanella fu donato da Teresa Cristina, moglie di Pietro II imperatore del Brasile, oggi restaurato e ambito dai più rinomati concertisti.

Tutto ciò rischiava di venire sacrificato al piccone, quando negli anni ’40 il Governo risistemò la zona a distretto dei licei, ma l’interessamento di Vittorio Emanuele III ne impedì l’abbattimento, per non oltraggiare le sepolture borboniche. Con queste sarebbe andata persa anche l’ultima parte dello Spirito Santo da recuperare: le sepolture di tutta quella nobiltà che seguì l’ultimo Borbone in esilio, letteralmente fino alla fine, nei sotterranei, oggi impraticabili.

Nel frattempo, la chiesa ospita anche mostre d’arte contemporanea, come quella di Ennio Calabria, con i suoi ritratti di Giovanni Paolo II. Nata come pezzo di Napoli fuori da Napoli, lo Spirito Santo oggi continua a rappresentare la sua patria d’origine (la congregazione dei Bianchi, che le dà il nome, ancora esiste), ormai però più non rifrangendo la città stessa, bensì orientandosi al mondo, e, come Napoli, sostenuta e curata da mani cosmopolite.

 

Si ringraziano per la collaborazione:

Mons. Natalino Zagotto

Dott.ssa Paola Di Giammaria

Sig. Mauro Sessa

 

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