Ludvig Van, play with Beethoven

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È accaduto che quel tiepido pomeriggio di quel 24 ottobre io a casa proprio non sarei rimasto. C’era all’Ex Asilo Filangieri “Ludwig Van – play with Beethoven. Un workshop e un happening”, o almeno così recitava il bando virtuale affisso sulla bacheca online de l’Asilo. Mi aveva sin dalla prima lettura incuriosito il nome dell’evento, che giocava parallelamente con il nome del celebre compositore. Mi ero presentato come spettatore che già dall’ingresso conosceva male ciò che sarebbe stato suonato. Avevo delle tracce comunque che mi inducevano a pensare che si trattasse di un concerto musicale. Avevo però  anche io in mano il mio spartito: il programma. Lo spettacolo iniziava. All’interno dello storico stabile – occupato nel 2012 da un collettivo di operatori dello spettacolo e della cultura che si erano opposti al nuovo abbandono, successivo al restauro dei locali che sarebbero stati adibiti a quartier generale del Forum Universale delle Culture, poi naufragato –, si dipanava, tra la Cappella, il Refettorio ed il Teatro, il filo di un interessante dibattito musicale.

rappresentazione

Tutto era iniziato tempo addietro, ispirato dalle menti, anche questa volta unite a concerto, de l’Asilo e di Dissonanzen, in collaborazione con Esperimento 20, con il patrocinio del Goethe Institut, sotto lo sguardo vigile dei due ideatori, Alessandra Petitti e Tommaso Rossi. Sulla linea del tempo c’era stato in principio un laboratorio tenuto presso l’Asilo da Claudio Lugo. Alle 18:30 entravamo nella Cappella per ascoltare le dolci note del compositore che imperturbabile assisteva alle spalle dei musicisti, a loro volta al cospetto di un gremito pubblico. La serenata in re maggiore per flauto, violino e viola invitava gli astanti a dirigersi verso il Refettorio, nel quale alla riproposizione delle sofisticate musiche dei compositori Kagel e Mihovilcevic avrebbe fatto seguito la lettura del testamento di Heiligenstadt, le ultime disposizioni spirituali del compositore tedesco. Si saliva in Teatro. Qui Esperimento 20 presentava Ludwig Tanz, con dei giovanissimi interpreti, che con i propri movimenti, nel silenzio della musica, regalavano in immagini la potenza patetica del musicista.

bimbi sul palco

Infine, da un progetto dell’argentino Kagel, attraverso le esecuzioni dei partecipanti al precedente workshop, coadiuvati da Claudio Lugo, la rappresentazione teatrale lasciava spazio ad un palchetto artistico sul quale un pianoforte, un violoncello, un clarinetto, un violino, una viola ed un flauto si contrapponevano ad un attore, un flauto, una tromba, un altro pianoforte e altre sonorità elettroniche non specificate. Si assisteva, da spettatori, ad un incontro su di un palco, diventato un ring. Questa era la partitura originaria del 1969 di Kagel: “Ludwig Van”. L’argentino chiese, in origine, ad un gruppo di musicisti di aggirarsi per le stanze ricostruite dello studio di Beethoven a Bonn. Ogni anfratto era stato tappezzato con ritagli appartenenti al repertorio cameristico del compositore tedesco. Si trattava di un gioco, uno scherzo indagatore. Gli orchestranti avrebbero suonato ciò che i loro occhi fossero riusciti a leggere, cercando contemporaneamente di coniugare i propri accordi con le melodie degli altri musicisti. Con la memoria che correva all’episodio, nella sala del Teatro si contrapponevano le due scuole, quella classica su quella rivisitata, quella avanguardista, e viceversa. Intanto, in un climax crescente, Ludwig van Beethoven concludeva la lettura del proprio messaggio ideale, mentre una voce bianca intonava gaudiosa l’Inno alla Gioia.

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