Magazzini Fotografici riparte con la mostra del progetto Bord de Mer di Gabriele Basilico

Venerdì 19 giugno Magazzini Fotografici riapre le sue porte dopo la momentanea chiusura e ha il piacere di ospitare la mostra del progetto Bord de Mer di Gabriele Basilico. L’esposizione dà seguito, dopo la mostra di Letizia Battaglia e il Laboratorio SISF, alla collaborazione tra Magazzini Fotografici di Yvonne De Rosa e LAB\ per un laboratorio irregolare di Antonio Biasiucci, due realtà napoletano attive nella promozione della fotografia in campo nazionale.

Il progetto in mostra, Bord de Mer, è il risultato di una commissione ricevuta da Gabriele Basilico nel 1984/85, per conto del governo francese. L’autore fu, infatti, in quegli anni invitato a partecipare alla Mission Photographiquede la DATAR (Délégation à l’AménegementduTerritoire et à l’Action Régionale), un grande progetto che coinvolgeva 20 fotografi di fama internazionale, chiamati a documentare e a interpretare attraversole immagini, le grandi trasformazioni vissute negli anni 80’ dai paesaggi francesi. 
È da questa commissione che nel 1990nacqueil volume Bord de merin cui Gabriele Basilico descrive attraverso la fotografia porti, spiagge, coste e scogliere a picco sul mare del Nord. Le immagini furono scattate in tre regioni francesi, da Dunkerque nel Nord-Pas-de-Calais fino a Mont Saint Michel in Normandia, passando per la Piccardia.

Il progetto organizzato dalla D.A.T.A.R, fu, come afferma lo stesso Basilico, un’azione concreta volta a mettere in rapporto il paesaggio con la fotografia e a porre in discussione i vecchi metodi di rappresentazione geografica, che si ritennero non più adeguati a indagare la realtà. Fu proprio la fotografia il medium prescelto come erede dei vecchi sistemi di rappresentazione del paesaggio. Questo nuovoimportante “passaggio” di statuto influenzò ampiamente il futuro della fotografia tra gli anni Ottanta e Novanta, rilanciando una nuova identità professionale per la figura del fotografo.

“Con Bord de Mer entrava in gioco un movimento nuovo e opposto, destabilizzante, rispetto alla mia identità di fotografo, basata sulla rapidità. I sei mesi di lavoro stabiliti dal contratto erano un tempo infinito, che permetteva il ritmo lento, il decondizionarsi, influendo così radicalmente sulla mia stessa percezione della fotografia… Quei luoghi del nord Europa, con il mare burrascoso, i cieli profondi, le nubi pesanti, con la pioggia insistente, il vento, il sole e la luce che cambiava continuamente, mi hanno spalancato una porta verso una nuova visione del paesaggio. Era il paesaggio di pittori come il Canaletto e il Bellotto, o come i Fiamminghi… artisti descrittivi, che tuttavia mi avevano fatto ben intuire come quel frammento di mondo minuziosamente dipinto andasse molto oltre, superasse i bordi del quadro per espandersi verso altri orizzonti, forse addirittura verso il mondo intero.”

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