Non esiste nel mondo una distanza così breve tra due capitali come quella che intercorre tra Buenos Aires e Montevideo. Dalle coste della città argentina è possibile scorgere quelle di Colonia del Sacramento, che si trova a solamente un’ora e mezzo dalla capitale uruguayana, situata nella parte più limpida del Río de la Plata, un fiume terroso le cui acque sono state molto più benevole con Montevideo che con Buenos Aires. Se, infatti, nella città bonaerense è impossibile pensare di tuffarsi nel fiume che tocca solo pochissimi lembi di terra, è invece possibile godere di vere spiagge nella capitale uruguayana, un’insenatura unica nel suo genere perché già immersa nelle correnti che si dirigono verso l’Oceano Atlantico. Le sue spiagge, infatti, sono bagnate da un’acqua a metà tra la dolcezza di un corso fluviale e la salsedine del mare. Situata in una sorta di promontorio, questa città vive le bizze di un clima che risente della vicinanza dell’Oceano, che provoca anche tormente elettriche, e della mitezza dello scorrere del fiume.
La città deve moltissimo al mare ed è anche per questo che pochi anni fa la sua “Rambla”, ovvero un immenso viale alberato marittimo, è stato completamente ristrutturato per ottimizzare sia gli spazi liberi sia l’accesso diretto al mare. Facendo una passeggiata lungo i 22 km di questo percorso è possibile imbattersi nei numerosi cittadini che portano sotto il braccio un termos per fare il famoso mate, bevanda calda alle erbe tipicamente uruguayana e argentina, della quale in pochi riescono a fare a meno. Dichiarata patrimonio mondiale dell’UNESCO nel 2010, la Rambla di Montevideo circonda metà della disposizione urbana di faccia al mare, mentre il resto della città si estende placidamente verso l’interno, data l’assenza di colline o montagne. L’unico Cerro, una sorta di piccola montagna, che si può riscontrare nei pressi, è quello che per molti è all’origine della denominazione della città: Montevideo, infatti, significa letteralmente “Vedo il monte”, cosa possibile dall’interno della piccola baia attorno alla quale fu costruito il primo insediamento militare nel 1723, dal portoghese Manuel de Freytas Fonseca.
Montevideo non è solamente la capitale dell’Uruguay ma è anche il luogo in cui la metà della popolazione di questo paese ha deciso di installarsi. Dei 3 milioni di abitanti del Paese sudamericano, 1 milione e mezzo sono residenti nell’area metropolitana della capitale, che è l’unico vero e proprio centro industriale e di servizi elevati di una nazione ancora lontana dai massicci versamenti di cemento e dai forzati investimenti capitalisti. Solamente in un posto come questo poteva governare José Mujica, ex combattente tupamaro e socialista convinto, il quale ha rinunciato all’80% del suo stipendio durante i cinque anni del suo mandato. Immersa in un’atmosfera leggermente grigia, Montevideo non rispetta i canoni delle estese e caotiche capitali sudamericane, ma è sostenibile, accogliente e a misura d’uomo. Spostarsi da un quartiere all’altro in autobus è semplice e non richiede troppo dispendio di tempo, nonostante non esista una rete metropolitana o ferroviaria. Questa sostenibilità è una delle note più liete di un luogo sempre all’ombra della vicina Buenos Aires, molto più cosmopolita e consumistica. Ciò nonostante è fuori dubbio che Montevideo sia la locomotiva che traina lo sviluppo ragionato dell’Uruguay, che sta conoscendo una crescita economica graduale e importante, basata soprattutto sullo sfruttamento delle risorse agricole e sul turismo, senza devastare i territori circostanti con cattedrali nel deserto.

Il legame di Montevideo con il suo passato coloniale e con l’influenza portoghese e spagnola è ancora evidente. La Ciudad Vieja, situata vicino al terminal principale del porto, è ubicata nel promontorio e nelle sue stradine è possibile riscontrare un piano urbano tipicamente di matrice spagnola, con la grande Plaza Independencia a fare da centro nevralgico. Tuttavia è importante rammentare quanto anche la comunità italiana stabilitasi in loco abbia contribuito a plasmare l’immagine attuale della capitale uruguayana, che in alcuni scorci del vecchio avamposto europeo, nei pressi dell’attuale porto, ricorda non poco scorci genovesi o napoletani. Questo perché agli inizi del XX secolo numerosi immigrati provenienti dalla Spagna e dall’Italia arrivarono per popolare sia la vicina Buenos Aires sia la città uruguayana. La sensazione che si ha nel passeggiare per quelle strade è quella di trovarsi in un angolo di Italia, tra odore di pizza a la piedra e antichi ristoranti tipicamente nostrani nei quali il dessert è però sempre il dulce de leche, una sorta di caramello che in questo paese è consumato in quantità industriale.
Ma ciò che davvero non manca mai, mentre si passeggia per la Rambla di Montevideo, è il termos con l’acqua calda per il mate, sotto il braccio di ogni uruguayano che si rispetti. Questa erba forma parte di un rituale imprescindibile prima e dopo mangiato, ma anche durante la giornata, senza restrizioni orarie. Se, infatti, gi inglesi hanno il tè, nel Río de la Plata la bevanda locale è questa infusione di erbe che veniva consumata prima dagli indigeni del luogo e poi dai frati gesuiti. Sede principale del “Mercosur”, ossia il mercato comune dell’America meridionale, Montevideo è stata riconosciuta come la città con la miglior qualità di vita nel continente. Questa sua qualità si è rinforzata ulteriormente durante il governo di Mujica e l’immigrazione da altre zone del paese ha portato all’aumento della popolazione dell’area metropolitana, che oggi conta su quasi due milioni di abitanti.
La recente storia di Montevideo e dell’Uruguay non può essere raccontata senza citare le due manifestazioni culturali più vivide e rappresentative. La prima è la murga, una forma di teatro e recitazione mista a danza tipica del paese sudamericano che è una vera e propria istituzione, soprattutto durante il Carnevale. Nella capitale uruguayana vi sono tantissimi club e centri civici che fomentano l’apprendimento di quest’arte particolare, che vede un gruppo di cantanti e attori esibirsi in teatri all’aperto e per le strade della città facendo satira su temi politici e sociali, con sullo sfondo una musica popolare fatta dei rustici suoni emessi dal tamburo, dai piatti e dal rullante.
Tuttavia parlare di Montevideo senza citare il ruolo centrale del calcio sarebbe come omettere uno dei risvolti principali della cultura uruguayana in assoluto. In questa città, infatti, ebbe luogo il primo mondiale di calcio della storia nel lontano 1930. Sede di questo straordinario evento fu lo stadio Centenario, ancor oggi in piedi e, seppur vetusto, molto affascinante. Situato nei pressi del maestoso “Parque Battle”, questo tempio del calcio sudamericano riflette la passione di una nazione che vive per il pallone. Secondo il recentemente scomparso scrittore uruguayano Eduardo Galeano, infatti, “quando un bambino nasce in Uruguay grida subito ‘goool’ a squarciagola”. Una storia come poche, quella di Montevideo. Una splendida donna a cavallo tra un placido fiume e l’impetuoso Oceano.