Quando cade una bomba occorre tempo per misurarne l’impatto. Forse è questa l’allegoria per raccontare Napoli città libro. Conclusosi domenica scorsa, il Salone del Libro e dell’Editoria partenopeo ha avuto per protagonisti indiscussi i lettori, prima ancora che i libri. Perché – occorre dirlo – tra le esposizioni, le mostre e, in generale, tutte le occasioni dedicate al libro, la parola d’ordine è stata ‘qualità’.
Non una ‘fiera’ al rialzo, ma una rassegna dei migliori editori, tra piccoli, medi e grandi, e dei migliori titoli che sintetizzano le più eminenti proposte editoriali, da Capo Passero alle Alpi, tra le splendide mura del complesso napoletano di San Domenico Maggiore. Organizzato con lunghi mesi di lavoro dagli editori napoletani – occorre dire anche questo – Rogiosi, Alessandro Polidoro e Guida Editori, si è rivolto agli impresari del libro dell’intero Paese, mettendo assieme la saggistica con l’attualità, la poesia con la narrativa, l’editoria scientifica con la graphic novel.
Decine di stand, seminari e workshop ininterrotti, migliaia di volumi in esposizione. Ma la prova del nove del suo successo va cercata nella folla straripante di visitatori e nella mescolanza di pensieri e di opinioni, negli incontri che hanno generato conoscenza e occasione. Nel tessuto vivo che ha fatto di questa quattro giorni un canale nuovo ed immediatamente indispensabile alla collettività.
Libri, autori, editori ed organizzatori si sono mescolati in un’officina magmatica di cultura e impresa, iniziativa e futuro. Quasi un paradosso difficile da credersi: eppure le migliaia di presenti parevano concorrere al medesimo, alto ma fibrillante scopo comune dell’adunanza, attorno all’oggetto totem di ogni civiltà: il libro. Ospiti provenienti dalla cultura e dallo spettacolo hanno firmato l’evento con la loro presenza, arricchendolo e contribuendo al richiamo di un pubblico più eterogeneo possibile.
Se con orgoglio ho ricordato che la tempra e la qualità dell’evento sono tutte made in Naples, va anche precisata la totale indisponibilità del Napoli città libro a farsi passare come una “risposta a…”, una “alternativa napoletana a…”. Nessuna risposta campanilistica. Nessuna alternativa sudista. Al più, l’ampliamento delle occasioni culturali nazionali, che si prende direttamente gli onori del podio per la sua riuscita, dettata dai numeri, dal programma, dalle scelte, dagli uomini sedutisi ai tavoli dell’organizzazione e dal loro autentico desiderio di promozione culturale.
Un punto di vista spiccato? Personalmente, l’opportunità di presentarvi la collana editoriale Il merito di Napoli, che sceglie e pubblica le migliori tesi di laurea umanistiche a tema napoletano, che diventano testi divulgativi, e che ho l’onore di coordinare per Rogiosi editore, è il più concreto esempio del bene alla cultura, e che fa la cultura. Che riverbera nella bomba del salone. Ma senza dimenticare, ad esempio, l’impegno di Guida Editore nella pubblicazione degli inediti narrativi per il Premio Cimitile (ho giusto tra le mani il volume della XXIII edizione) o l’ascesa di Alessandro Polidoro, che commentava galvanizzato le folle al salone con i suoi post fotografici targati “giudicate voi”.
Una bomba, dunque, caduta anche per seppellire quelle immagini vergognose di qualche hanno fa, mostrando Napoli libresca, colta, lettrice. Non come una Biancaneve colta da una sindrome di Calimero, ma come una signora europea civile, aperta, ospitale, bellissima, cosmopolita, qual è. Evviva questa eccezionale normalità, pensando già al 2019, se lecito.