Filippo Nardi, dj e produttore musicale, è stato uno dei volti concorrenti storici del “Grande Fratello”. Con la sua musica gira il mondo e ha fatto ballare e divertire diverse generazioni. Da quasi vent’anni vive in Italia ma il suo sogno è quello di stabilirsi a Napoli.
Da 30 anni ti occupi di musica, ma possiamo dire che da sempre la musica è stata parte integrante della tua vita. Quanto è stato importante per il tuo percorso nascere e crescere a Londra, città che musicalmente ha sempre rappresentato un faro per tutti gli artisti?
Nascere a Londra sicuramente è un privilegio per chi come me ha la passione per la musica. Negli anni della mia adolescenza le distrazioni erano musica, sport e ragazze. Gli sport londinesi come il calcio, il cricket, il basket non mi hanno mai interessato e allora mi concentravo sulla musica e sulle ragazze! Con la paghetta acquistavo i dischi in vinile e con i miei amici ci radunavamo a casa di chi possedeva uno stereo e ascoltavamo i dischi dall’inizio alla fine. Sono nato e cresciuto in una zona di Londra multietnica e quindi quando uscivo di casa mi capitava di sentire di tutto. Alla radio ascoltavo reggae, pop e amavo il soul e il funky. Quindi crescere a Londra negli anni ’80 com’è capitato a me era davvero il massimo per chi amava la musica o qualsiasi altra cosa creativa.
L’attività di dj è fortemente legata alla contemporaneità, un dj deve essere sempre attento alle nuove tendenze e alle nuove sonorità. Come riesci a cogliere quello che di nuovo sta per esplodere?
Io credo che non è del tutto vero che l’attività del dj sia legata alla contemporaneità. Dagli anni ’50 agli anni ’90 è stato inventato tutto. Qualsiasi cosa che ascoltiamo adesso è il risultato degli stili passati. Nessuno oggi, anche con i nuovi mezzi, riesce ad inventare un qualcosa che sia completamente nuovo. Io ricordo quando a Londra arrivò la prima volta l’hip hop, ricordo la prima volta che ho ascoltato un disco house, quelle erano davvero rivoluzioni. Oggi la musica è diventata un prodotto più che un mezzo di innovazione. Io che ho 30 anni di esperienza, quando metto su un determinato disco è sempre perché c’è un elemento che mi piace, perché c’è un giro di basso piuttosto che una voce che mi ricorda qualcosa. La tendenza oggi sta andando verso la non ricerca. Essere moderni è praticamente impossibile perché quando una cosa è di moda automaticamente è già vecchia, già superata. Quelli senza personalità possono seguire la moda, ma chi ha dei gusti precisi e ben definiti è certo di quello che fa, segue la sua linea, come faccio io, sperando che poi diventi di moda.
In passato hai partecipato a diverse trasmissioni televisive, dal “Grande Fratello” a “le Iene”. Il tuo allontanamento dal mezzo televisivo è stato volontario? Cosa ti resta di quegli anni e di quelle esperienze?
Io ho sempre amato la comunicazione. Avevo visto il “Grande Fratello” inglese due anni prima che vi partecipassi in Italia. Ma l’edizione inglese era completamente diversa da quella italiana: innanzitutto andava in onda in seconda serata e poi non era strutturata come un varietà. In Inghilterra era concepito come un esperimento mediatico e questo mi affascinava tanto. Sono rimasto in gioco fino a quando mi sono divertito. La trasmissione non ha mandato in onda tutta la discussione che ho avuto con la produzione, che ha poi provocato l’abbandono del programma da parte mia. Mi ero opposto ai loro atteggiamenti e ai loro suggerimenti su cosa fare e cosa no. Mi arrabbiai e chiesi il portafogli, le sigarette e il telefonino. Non me li portarono. Attraverso un montaggio hanno cercato di ridicolizzarmi ma la storia era molto più lunga. Successivamente ho avuto la possibilità di entrare nel cast de “Le Iene” che è stata per me una bellissima esperienza, ma era un duro lavoro. Dovevo anticipare le spese, mi pagavano dopo 120 giorni, per le botte che ho preso non ho visto un soldo di assicurazione e alla fine, non avendo mai avuto l’aspirazione di far televisione, ho mollato. L’esperienza televisiva più bella in assoluto è stata quella del “Festivalbar”. Curavo le interviste degli artisti nel backstage e ho avuto il privilegio di intervistare molti miti assoluti della musica. Mi è piaciuta tanto anche l’esperienza a Mtv. Poi ho detto di no al 90% delle proposte che mi sono state fatte, perché non mi ritengo né un attore né un presentatore. Oggi penso che spazi televisivi adatti a me non ce ne siano, perché sono abituato ad essere sempre me stesso, quindi se il mio personaggio non sta bene meglio lasciar perdere.
Nel complicato periodo storico che stiamo vivendo, molti italiani stanno cercando di realizzare i propri sogni fuori da questo Paese, tu invece da inglese vivi in Italia. Qual è il tuo pensiero sull’attuale condizione italiana?
Io sono in Italia per scelta. Sono venuto qui quando mi ero stancato della frenetica vita londinese e di girare tutto il mondo. Da piccolo passavo le mie vacanze estive in Italia avendo un papà italiano. Avevo 27 anni quando mi sono stabilito in Maremma e da allora la mia vita è completamente cambiata. Da un realtà di 13 milioni di abitanti sono passato ad una di 30mila e la gente del posto mi vedeva come un alieno. Però mi sono trovato bene, ho regolarizzato la mia vita secondo uno stile più sano e non me ne sono più andato. Per quanto riguarda la condizione italiana, io penso che se la popolazione non fa qualcosa per migliorarla si rischia davvero di andare a fondo.
In Francia, ad esempio, dopo il terribile attentato che hanno subìto di recente, sono riusciti ad organizzare in soli due giorni una manifestazione che ha coinvolto 2 milioni di persone. In Italia non si riesce ad organizzare una manifestazione di 1000 persone, nemmeno in un mese. Peccato, perché l’Italia è un paese pieno di risorse. I tedeschi, i francesi, gli inglesi, gli americani darebbero qualsiasi cosa per gestire una realtà con le potenzialità dell’Italia. Qui c’è tutto: il mare, la montagna, il cibo, il clima mite, le città d’arte, potrebbe essere un vero paradiso. All’estero, quando mi parlano dell’Italia, mi dicono sempre: “Ma come fanno a non riuscire a gestire e valorizzare un paese come l’Italia?”!
Grazie alla musica hai girato il mondo. Quali sono state le esperienze che più ti hanno formato artisticamente?
Sicuramente quando lavoravo negli anni ’80 con la Virgin, quando sono andato a New York e a Ibiza. Solo per il fatto che sono inglese mi srotolavano i tappeti rossi perché tutto, soprattutto per quanto riguarda la musica, nasce a Londra per poi essere elaborato da altri paesi e venduto in tutto il mondo.
È vero che stavi per trasferirti a Napoli? Che legami hai con la città partenopea?
Più di una volta ho pensato di farlo, e per vari motivi. Innanzitutto per la posizione geografica, che è straordinaria e poi per la gente. Napoli è una città piena di energia, di cultura e la musica è sempre apprezzata. In assoluto, è la città più vitale d’Italia. Poi, ogni volta che sono a Napoli mi innamoro tre volte al giorno, le donne sono bellissime! Quando giro per la città, la gente è sempre così calorosa con me, mi chiama ad alta voce, mi offre il caffè. Uno dei posti più belli in cui ho suonato si trova proprio a Napoli, in Piazza del Gesù: è il Velvet, per me il club per eccellenza, perché è frequentato da un pubblico molto vario, con la voglia di ballare e divertirsi.
La musica in generale è in forte crisi, ormai l’unico business per gli artisti sono i live. Tu fai parte di un settore specifico della musica, quella dance. Ci sono cambiamenti anche in quest’ambito?
La musica oggi si può fare anche con l’iPhone, quindi la qualità è scesa tantissimo. Prima c’era bisogno di una casa discografica, di un produttore, adesso puoi anche fare tutto da solo. Da un lato è positivo ma dall’altro la gente non riesce a riconoscere più le cose di qualità, non riconosce l’idea originale, la cura con la quale si confeziona un prodotto. C’è poca sostanza oggi. Io continuo a fare la mia selezione di musica secondo i miei criteri e i miei canoni e quindi il prodotto dance che offro è di qualità.
Quali sono i tuoi prossimi progetti?
I miei prossimi progetti sono sempre legati alla musica dance. Sulla pagina www.facebook.com/uncledoggy potete essere aggiornati su tutti i miei appuntamenti musicali.