Napoli Ritratta: Alza gli occhi nennè!

Napoli è sulla bocca di tutti. Se ne parla persino in un paesino di montagna del nord Italia. Una giovane ragazza parte per scoprirla. Cosa racconterà al ritorno?

Asia aveva sentito tante cose su Napoli. Forse troppe. Mentre era in treno, lì diretta, le rimbalzavano davanti agli occhi immagini paradossali. Aspettative contraddittorie. Sentiva rimbombare le voci dei suoi concittadini che l’avevano visitata. I racconti di chi a Napoli aveva raggiunto la pace dei sensi confliggevano con quelli di chi non ci sarebbe tornato nemmeno sotto tortura. «Come può essere la stessa città?» si domandava. Del suo paesino tra le montagne tutti parlavano allo stesso modo. Tutti i visitatori erano concordi che fosse grazioso e tranquillo, ma quei ‘tutti’ erano pochi forestieri che utilizzavano il paese come dormitorio per poi spostarsi sulle piste da sci. Cos’altro avrebbero potuto dire? E invece di Napoli si diceva tutto e il contrario di tutto. Stereotipi confermati facevano da contraltare a scoperte inaudite. Racconti di posti segreti si accompagnavano a descrizioni così banali da sembrare didascalie di cartoline. «È cambiata totalmente!» diceva qualcuno. «È sempre la stessa!» controbattevano altri. Asia non poteva sapere se fosse positivo il cambiamento o l’assenza di cambiamento.

Ad ogni modo ciò che Asia aveva capito è che a qualche centinaio di chilometri dal suo paesino c’era un posto che aveva qualcosa per lei. Un qualcosa da ricercare ad ogni costo o da rifuggire come la peggiore delle piaghe. E così aveva deciso di mettersi in treno per scoprirlo. Aveva scelto di andarci da sola per vivere l’esperienza più intensamente, al ritmo e alla profondità che preferiva. Il viaggio in treno le sembrò eterno. La amerò? Mi spaventerà? Ci tornerò? Questi e altri erano i quesiti che le occupavano la mente. Non riuscì ad addormentarsi. Passò tutto il viaggio a fissare i paesini che si susseguivano veloci e il proprio riflesso che appariva nel buio delle gallerie.

Una settimana più tardi, Asia era riflessa nuovamente al finestrone della cabina. Salutò con lo sguardo la scritta ‘Napoli Garibaldi’. Il treno si allontanò dalla stazione. Lesse un sorriso sul suo volto. Non sapeva come interpretarlo. Era felice dell’esperienza travolgente, ma era anche lieta di tornare al paese. Era contenta di aver trovato quello che cercava, ma anche di essersi sorpresa di continuo. Ora che aveva accumulato una settimana di materiali, si crogiolava nell’idea di poter parlare finalmente di Napoli con cognizione di causa. Le sembrava di vederci chiaro. Si compiaceva di essere stata attenta a tutto e di aver colto le contraddizioni che animano la città. L’aveva guardata, l’aveva vissuta e l’aveva capita.

Quando rincasò fu accolta dalla curiosità dei genitori. «Allora? Raccontaci!» disse la madre. «Domani» – fece Asia – «sono troppo stanca per parlare». Salutò con affetto i genitori e andò nella sua stanza a riposarsi. Il mattino seguente si ripropose lo stesso scenario. «Allora? Com’è questa Napoli?» Rispondere alla domanda della madre le apparve subito complicato. Ma cosa c’era di complicato? L’aveva guardata, l’aveva vissuta, l’aveva capita, no? Aveva raccolto materiali, si era portata dietro ricordi, sensazioni, profumi, e ora non riusciva a parlarne? Prese tempo rispondendo: «è molto caotica». Si sentì superficiale. Sapeva bene che c’è chi lo ama e chi lo odia quel caos, quindi aggiunse: «è molto bella però». Poi nient’altro.

Per schiarirsi le idee si stese sul letto e ripercorse avanti e indietro la galleria del cellulare. Era piena zeppa di contenuti. Ad ogni foto seguiva un sussulto emotivo. I ricordi le parlavano ancora, ma quella chiarezza che aveva percepito in treno era ormai svanita. Napoli era di nuovo un corpo sconosciuto. Un enigma irrisolvibile. Un delirio fatto città. Un sogno e un incubo insieme. Tra tutte le foto, si soffermò su quella che ritraeva uno dei tantissimi stencil che affollano le mura del centro storico. Nello specifico, quello raffigurava una ragazzina con lo sguardo rivolto al cielo e con il capo incoronato dalla scritta: alza gli occhi nennè. Asia ricordò subito il volto di una signora anziana. A lei aveva chiesto cosa significasse, chi fosse questa Nennè. La signora prontamente le aveva detto: «Nennè sei tu!» «Io?» aveva chiesto Asia stupita. «Eh tu piccerè». Quel dialogo che inizialmente l’aveva stordita, ora suonava come un oracolo. Era lei la nennella che doveva alzare gli occhi!

Asia ubbidì alla scritta. Vide sul suo soffitto bianco le onde blu del mare. Fu di nuovo Napoli. E di nuovo aveva capito tutto. Di nuovo percepì di avere davanti agli occhi l’essenza di quella città lontana. Sorrise per la chiarezza ritrovata, ma capì che sarebbe durata il tempo di quella magia. Così fu, qualche secondo dopo il soffitto ritornò bianco. Allora si alzò, ritornò dalla madre e ridendo le disse: «Napule nun se po’ spiegà».

 

Altri racconti di Napoli ritratta: Il mondo dei cani, Acchiappafantasmi

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