Può un cane affacciato alla finestra cambiare il mondo? Forse no, ma se parlasse napoletano?
Siamo nel luglio dell’anno 2230, ma ormai non lo ricorda più nessuno. Per tutti gli esseri della Terra oggi è il primo giorno dell’anno 74. Settantaquattro anni fa infatti c’è stata la grande rivoluzione planetaria. Tre quarti di secolo fa, gli uomini, riconoscendo finalmente la loro incapacità nella gestione delle risorse del pianeta, decisero di abbandonare il timone della nave. Un atto ufficiale, un papiro chilometrico firmato il 4 luglio del 2156 da tutti gli umani esistenti, decretò che allo scoccare della mezzanotte nel fuso orario di Greenwich, la guida del mondo passasse ai cani. Questo documento, il Dog Act, nel mondo degli uomini sarebbe stato custodito come il più prezioso tra gli oggetti. I cani lo ridussero invece a brandelli in una grande festa. Per la manifestazione accorsero cani da tutto il mondo. Servivano infatti decine di migliaia di musi e più di un milione di denti per tagliuzzare l’interminabile papiro. Con gli stessi brandelli, usati come coriandoli, festeggiarono la loro vittoria. Questo atto dimostrativo segnò l’inizio del mondo nuovo, un mondo veramente libero in cui ogni carta ufficiale è solo una carta da gioco.
Questo è l’incipit di un racconto che, come tanti altri, non porterò a conclusione. Ciò che però può valere la pena di raccontare è l’immagine che mi ha portato a fantasticare di questo desiderabile ‘mondo cane’. L’immagine è la seguente: un bel cane bianco, di taglia media, grande d’età, si affaccia alla finestra di un primo piano. Mi fissa con sguardo severo. Prima in silenzio. Poi abbaia due volte. Lo fa con rispetto, come a voler salutare. In realtà, ad essere sincero, il termine abbaiare mi sembra quasi improprio. Il cane pare proprio che abbia parlato, e che mi abbia parlato in napoletano.
Fermiamoci un attimo, prima di varcare la porta del surreale. Col senno di poi è chiaro. La suggestione mi portava a sentire suoni che non c’erano, che non ci possono essere in questo mondo. In più so bene che non ci si può stupire dei comportamenti “umani” dei cani. Del resto, i cani sono nati grazie alla nostra addomesticazione. Però il punto è questo, credetemi: questo cane bianco aveva tutto per essere un cane del futuro. Più lo guardavo e più sembrava capirmi. Più provavo a decifrare i suoi versi, più mi pareva spiegarsi. Era un cane parlante che avrebbe potuto cantare, suonare il violino e chissà cos’altro. Una nuova specie che non ha più niente del lupo, e ha qualcosa in più dell’uomo. Un cane post-umano che più che vivere in un mondo antropizzato, sembrava governare un mondo costruito apposta per lui.
Dicevo, mi aveva parlato in napoletano. Non ho dubbi su questo. Dentro ogni suo movimento calmo si celava uno spirito vulcanico. Le sue pause, i suoi movimenti vigili, i suoi sguardi curiosi, mi portavano alla mente la perizia comportamentale propria delle signore dei vicoli. Se da un momento all’altro avesse calato un panaro mi sarebbe sembrata la cosa più normale di questo mondo. Figuriamoci due parole nella sua lingua.
Non appena il cane si allontanò dalla finestra, mi sentii orfano della sua presenza rivoluzionaria. Non potei allora che fantasticare sui suoi piani per cambiare questo mondo:
Al mondo dei cani si giunse dopo una lunga lotta di emancipazione. La rivoluzione dei cani partì da Napoli. Da un cane bianco, di taglia media e grande d’età. Lo chiamavano Masaniello.
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