Pasolini a Matera: il vangelo secondo Matteo cinquant’anni dopo

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Dovunque si vada, il luogo é identificato per un’opera d’arte, per il territorio, per il paesaggio, per le tradizioni popolari, per la sua Storia. Che, poi, infine, comprende ognuno di questi passaggi.

Andare a Matera è vivere un sogno, una magia, ad ogni passo diversi, ad ogni incontro il desiderio di tornare, sicuri che tutto è in itinere e nulla, dunque, può essere esaustivo.

In fondo, poi, è la stessa sensazione che ci coglie ogni qualvolta “decidiamo” che anche la nostra città, Napoli, oltre ad essere “il Paradiso abitato da diavoli”, è nuova-antica-annosa, ad ogni pié sospinto. E guai a pensare di poterla definire in poche espressioni, più o meno orecchiate.

Eppure Matera, oltre a non essere mai esaustiva, è unica al mondo. Conoscete altro luogo che, immediato, ci racconta tutto di sé, dal paleolitico ad oggi? E tutto srotolato, lì, davanti a chiunque abbia occhi e senno per intendere. Tutto senza alterigia, discreto, perché la Storia, se è anche avvolta dalla magia del colore-non colore, il tufo dei Sassi, dello sguardo, della sorpresa, non ha alcun bisogno di “essere in mostra”. Esiste. E ciò può bastare. Ad ogni angolo, poi, un luogo per i giovani; ad ogni angolo l’intreccio generazionale.

E se Carlo Levi, 1945, in “Cristo si è fermato ad Eboli”, ne rivelò l’allora atterrita attrazione, ove “i coni rovesciati, questi imbuti, si chiamano Sassi e che hanno la forma con cui a scuola immaginavo l’inferno di Dante”, da cui l’interesse prima dell’Italia (politica?), poi del mondo intero, ecco che, ora, Matera, assume l’incantesimo della vita, dal paleolitico ad oggi, una civiltà di valori, allora soffocati dalla miseria.

Eboli

Laboratorio umano, ove ogni tipo di cultura del mondo continua a venire per imparare, sino ad entrare, i Sassi di Matera, 1993, nella lista dei Patrimoni dell’Umanità dell’Unesco, primo sito dell’Italia meridionale, con la definizione di “Paesaggio culturale”.

Tutto ciò – che è ben poco visto che su Matera si continua a scrivere in ogni luogo del mondo – costituisce, qui ed ora, sostrato del racconto del perché Pierpaolo Pasolini, volle ambientarvi il suo straordinario film “Il Vangelo secondo Matteo”. Film, apologo, poema, religiosità in fieri.

Ecco la Mostra, anch’essa percorso – o sosta – perché tutto “divenga”. Cinquant’anni che, qui, a Matera, sembrano un soffio ed un’eternità.

Era la fine dell’aprile 1964 e, dopo due anni di sopralluoghi, Pasolini può iniziare le riprese del “Vangelo”. Accompagnato dalla presenza fisica e/o culturale di tanti amici, i cui nomi oggi sono la nostra Storia – tra gli altri, Moravia, Morante, Gatto, Ginzburg, Carbone, Menduni, Murri, Brancati, Fofi, Rivelli, Trufelli – il regista, scrittore, poeta, sceglie in Puglia, Calabria e Lazio i luoghi della Galilea; l’Etna per il deserto e Matera come “protagonista”. Infatti essa “è” Gerusalemme, determinato, Pasolini, a “fare la trasposizione dal mondo antico a quello moderno, senza doverlo ricostruire archeologicamente o filologicamente e, nel contempo, non ricostruire i personaggi ma trovare individui che fossero analoghi a quelli del Vangelo”.

Matera-I-gatti-nei-Sassi

Ed ecco, attori non professionisti, scelti perché in empatia tra i suoi amici (Gatto, Ginzburg, Siciliano, Agamben, i Morante), oltre alla nipote Susanna Chiarcossi, ad abitanti dei luoghi, in cui ritrova “quelle facce di diamante e di carbone”, non contaminate dalla modernità. Sino ai ruoli principali, Margherita Caruso, Maria giovane, una ragazza di Foggia notata per strada; Susanna, la propria madre, per Maria anziana e Enrique Irazoqui, il protagonista, studente spagnolo attivo nel movimento antifranchista, che gli ricordava il Cristo dei mosaici bizantini. E gli affreschi delle Chiese rupestri dei Sassi.

L’Osservatore romano, qualche giorno fa, ha definito “Il Vangelo” di Pasolini, “il più bel film su Gesù”. Ricordando, tra molti altri premi, quello speciale della Critica alla XXV Mostra di Venezia, 1964, e il Premio OCIC (Office Catholique international du Cinéma). Dunque, “Pasolini, l’intellettuale di sinistra meno allineato e Matera città d’arte più dissacrante al mondo”. E come potevano non incontrarsi? Ancora una volta persona e luogo con “ruoli” scambievoli.

Oltre i Sassi, la città, il “Piano”, tra cui gli straordinari palazzi, le chiese che, improvvise, ti appaiono quinte teatrali, il Duomo sulla Civita, a “dividere” i due Sassi, il Museo Ridola, mecenatismo e architetture secolari. E gli stili? Puro Seicento sino al tardo barocco diversi da ogni parte del sud. Ma occorre sostare. Ed ecco “il luogo”, la sede della Mostra, Palazzo Lanfranchi, fine ‘600, progettato da Frate Francesco da Copertino, su richiesta dell’Arcivescovo Vincenzo Lanfranchi, per ospitare il Seminario diocesano.

Palazzo Lanfranchi

Poi, dal 1864 al 1980, sede del liceo Classico Duni, ha avuto come docente, 1882-1884, Giovanni Pascoli. Posto ad un “affaccio” sui Sassi, piazza Pascoli, dagli anni Ottanta ha dato spazio agli Uffici della Soprintendenza per i Beni artistici e Storici della Basilicata e da maggio 2003, sede del Museo nazionale di Arte Medievale e Moderna della Basilicata.

Che, insieme con il Comune di Matera, Comitato Matera 2019, Lucana Film Commission e il MUSMA, Museo della scultura contemporanea di Matera (sito in alcuni ipogei) ha promosso la Mostra dei cinquant’anni de “Il Vangelo” di Pasolini. Vari i sostegni, tra cui Regione, APT, Cineteca di Bologna, Pro Civitate di Assisi, Fondazione Istituto Gramsci Roma, Rai Basilicata e diversi Archivi privati di Matera e di Potenza. Sei sezioni, tutte correlate ove, tra installazioni di forte impatto visivo e tecnologico, si trovano anche importanti foto d’epoca e costumi usati nel film. Attraversata da commenti sonori e in video di critici d’arte e di cinema.

Altro momento precipuo e “valore assoluto”, è l’intervento artistico, tecnico, artigianale, tutto di gruppi di lavoro lucani.

Dunque se l’obiettivo della Mostra è mettere a fuoco la genesi del film ed il rapporto del regista con la città, l’occasione è preziosa per rileggere la storia di Matera che, da “vergogna nazionale” (Legge speciale sui Sassi, 1952) e teatro di profonde contraddizioni, divenne meta privilegiata della cultura mondiale, a cominciare dagli urbanisti e dai sociologi. Da cui lo “sfollamento dei Sassi”, la creazione dei “Nuovi quartieri”, il ritorno in abitazioni ristrutturate ed uniche al mondo.

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Oggi la città, candidata a “Matera “2019”, Capitale europea della Cultura, sceglie il film “Il Vangelo”, dice Paolo Verri, Direttore del Comitato 2019, come centro della programmazione culturale, per sottolineare che il ruolo dell’artista non è quello d’intrattenere ma di far pensare, di mettersi in gioco e di far mettere in gioco la comunità in cui s’inserisce. Matera Gerusalemme in terra”.

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