Il cinema italiano degli ultimi anni non ha certamente ricevuto dalle recensioni positive dai critici del settore, in particolare il genere delle commedie. Nonostante ai botteghini continui a registrare dati molto positivi per quanto riguarda gli incassi, è considerato dagli esperti estremamente ripetitivo. Emblematico è il caso dei cosiddetti “cinepanettoni” di Natale che sembrano narrare più o meno sempre le stesse storie con quasi sempre gli stessi interpreti.
C’è un cineasta, però, Paolo Genovese, cui va attribuito il merito di distaccarsi molto da queste tipologie di commedie in favore di storie più impegnate e attuali. Il regista romano, infatti, ha dimostrato varie volte che anche il cinema italiano può proporre delle commedie che non sfocino necessariamente nella ridicolezza e nella ripetitività. Dopo i successi di film quali “Immaturi” (2011), “Una famiglia perfetta” (2012), “Tutta colpa di Freud” (2014), “Sei mai stata sulla luna?” (2015), è arrivata da poco nella sale cinematografiche l’ultima pellicola girata da Genovese, ovvero “Perfetti sconosciuti”.
È bene precisarlo immediatamente, siamo di fronte a un film eccezionale che riesce in toto a smascherare il demone della tecnologia che da anni ormai ha il controllo della nostra mente.
Il regista propone una storia in cui un gruppo di amici si raduna per una cena a casa di una coppia. Seduti a tavola vi sono tre coppie di amanti, tra cui i proprietari di casa, più un altro amico che si è presentato senza la misteriosa compagna con cui dice, durante il film, di essersi da poco impegnato. Durante la cena nasce l’idea di effettuare un gioco estremamente intrigante da un lato e pericoloso dall’altro, ovvero poggiare gli smartphone di tutti sul tavolo, dove possano essere in vista per tutti, e di rendere pubblici i contenuti di messaggi e telefonate giunti, in tempo reale.
Dopo un primo momento in cui molti dei protagonisti sembrano avere paura ad intraprendere questo gioco, tutti accettano e lasciano il telefono bene in vista. Iniziano ad arrivare i primi messaggi e le prime chiamate, che fanno scaturire inevitabilmente delle gelosie e delle liti tra i personaggi, che culmineranno nel dimostrare come al giorno d’oggi tendiamo a crearci due vite parallele: una che corrisponde a quella reale ed un’altra che ci creiamo nel mondo virtuale tramite i social e le chat.
Con questo film Paolo Genovese ha proposto un tema estremamente attuate e che fa riflettere su molti argomenti presenti nella vita di ognuno di noi. In più non mancano momenti divertenti che rendono possibile il mantenimento totale di attenzione da parte degli spettatori.
Il successo di “Perfetti sconosciuti”, che ha riscontrato pareri molto positivi sia da parte del pubblico che della critica, risiede nell’accurata scelta degli attori, che hanno interpretato in maniera eccelsa i propri ruoli con picchi di recitazione estremamente suggestivi.
I 7 attori principali scelti per questo film da Genovese sono stati: Kasia Smutniak (Eva), Marco Giallini (Rocco), Anna Foglietta (Carlotta), Valerio Mastandrea (Lele), Edoardo Leo (Cosimo), Alba Rohrwacher (Bianca), Giuseppe Battiston (Peppe).
Il film si è confermato il secondo miglior debutto dell’anno per il cinema italiano, dopo “Quo vado?” di Checco Zalone. La critica ha lodato in particolare l’ottima costruzione della sceneggiatura, la regia e la grande qualità dei dialoghi.
Il successo sia di incassi che di critica ha fatto sì che in molti Paesi, come Francia e Stati Uniti, siano stati richiesti i diritti per un remake, tenendo presente che la storia narrata nel film a Roma è, nella vita reale, in ambito di tecnologie e smartphone, uguale anche a Parigi, Tokyo, Berlino e in quasi tutte le città del mondo, che vivono ormai alle dipendenze delle tecnologie.
Per descrivere questa situazione di dipendenza da tecnologia cui tutti noi oggi siamo soggetti ci torna utile il pensiero di uno dei padri fondatori della sociologia, ovvero il sociologo canadese Herbert Marshall McLuhan (1911-1980), che identificava gli uomini come immersi all’interno del mondo mediatico così come i pesci sono immersi nell’acqua; levando l’acqua ai pesci essi morirebbero, privando l’uomo moderno del mondo tecnologico-mediatico subirebbe quasi la stessa sorte dei pesci.