È giugno. Piove. Tanto l’aria s’adda cagna’. A Napoli, come dappertutto o quasi, a volte scende acqua dal cielo. Ma noi napoletani sembriamo non saperlo.
Niente, in questa città, sembra abituato alla pioggia. Anche se piovesse per un anno intero, l’immagine di Napoli non si inumidirebbe. Sarebbe solo un anno d’eccezione. Una piccola pausa dalla normalità. Questo è. Per noi la normalità è una giornata di sole. Per noi la normalità è una giornata così splendente che rende per contrasto ancora più nere le ombre dei vicoli. Tutto il resto, ci fa strano. Che Napoli non sia abituata alla pioggia lo dimostrano gli ombrelli sparuti, le strade che diventano fiumi, gli occhi meravigliati di grandi e piccini. Fateci caso. Ai primi vagiti del maltempo, tutti guardano verso l’alto. Gli sguardi si colorano di stupore quasi a voler dire “sta succedendo un fatto strano”. Sta piovendo? A Napoli? “Mo’ me lo segno“. Le giornate di pioggia questo sono, macchie nere sul calendario. Ma è giusto che sia così? Questo non lo so.
So solo che adesso, mentre mi riparo da questa pioggerella estiva, mi ritorna in mente un immagine ancora viva, brillante, catturata in una giornata simile di qualche estate fa. Un gruppo di turisti, vestiti da mare, corre a ripararsi in un androne del centro storico. Io, perennemente senza ombrello, faccio lo stesso. Loro sembrano allegri, ridono dell’imprevisto. Per me è una giornata nera, già lo sappiamo. Nel cortiletto del palazzo antico scambiamo due frasi di circostanza in un inglese improvvisato. Poi restiamo in silenzio per qualche minuto. Ed ecco che mentre attendiamo che il cielo ritorni alla normalità, Napoli fa Napoli.
Una signora del palazzo si affaccia dal balconcino al primo piano. Io temo una ramanzina per l’intrusione e invece no. La signora ci saluta. “Facite buono. Tutt’ ‘nzieme sta chiuvenno. Mo me porto ‘e panni ‘a via ‘e rind.” E così fa. Si sporge sul parapetto e fa rincasare uno a uno i vestiti sciorinati nel cortile. I turisti la guardano come si guarda il Cristo velato. Tra lo stupore e l’incredulità. Non possono non fotografarla. Vogliono immortalare Napoli che fa Napoli, in tutta la sua semplicità. O forse no, forse hanno capito la straordinarietà dell’evento. Forse sanno di essere fortunati. Forse sanno che quando si imbatteranno in una foto di Napoli soleggiata con i panni stesi al sole loro potranno dire “No. Io Napoli l’ho vista con la pioggia. E i panni stesi, almeno quel giorno, non c’erano più”.
Sarà stata la forza del ricordo, ma mentre scrivevo, ha smesso di piovere. Ed ecco che proprio ora davanti a me nasce un’immagine tutta nuova. L’arcobaleno che sovrasta il Vesuvio in lontananza. Ma che dico l’arcobaleno? Sono almeno due, forse tre. Perché anche nei giorni di pioggia, come abbiamo visto, Napoli resta Napoli nella sua normalità. E la sua normalità è sempre l’esagerazione.