La platea napoletana, e ormai anche quella internazionale, lo conoscono bene. Enzo Amato, musicista eclettico, studioso accorato, compositore e direttore nonché virtuoso strumentista e “napoletano doc”, studia, lavora e insegna la tradizione musicale della nostra città, ma soprattutto si è specializzato nello studio dei manoscritti napoletani del ‘700. Partiture complesse, semplici ma anche sorprendenti. È stato lui, infatti, che ha dimostrato come un nucleo composto da un autore napoletano di fine Settecento sia stato riproposto nel Requiem da Mozart: plagio “maledictis”! Oggi il buon Pasquale Anfossi sarebbe corso alla Società Italiana degli Autori e degli Editori per vedere riconosciuto il suo “diritto d’autore”. E magari avrebbe scomodato una sezione intera del Tribunale di Napoli, chiedendo “l’estradizione della melodia” o la “restitutio ab integro” per riportarla nella patria d’origine, quella Napoli in cui, insieme ad altri, stava dando forma a quella Scuola musicale napoletana che, insieme al celeberrimo Domenico Cimarosa, tanto produsse in quello stile che passò alla storia come Opera buffa. È proprio riprendendo il manoscritto di Venezia, sinfonia inedita dell’Anfossi datata 1776, che il maestro Enzo Amato, durante le ricerche condotte per l’Istituto internazionale Domenico Scarlatti e per l’Orchestra da Camera di Napoli, scopre che l’andante dell’opera inedita è pressoché identico a quello della cellula melodica del famoso Confutatis maledictisdi Mozart, datato 1791. Certo è che all’epoca erano quasi leciti alcuni “ripescaggi” o, per dirla con un più prezioso eufemismo, “riproposizioni anonime”. Ormai gli studiosi concordano sul fatto che vi fosse un tacita liceità sul frequente uso di frammenti di scritti e melodie altrui. Tuttavia, qui sembra esserci in gioco tutt’altra mentalità: sembra che lo scopo non fosse tanto quello di “ripulire” una melodia andata persa, ma quello di infliggere un duro colpo alla tradizione musicale partenopea – in verità molto ammirata all’epoca – puntando i riflettori sul giovane e promettente Wolfgang AmadeusMozart, il quale però – o chi per lui – usò stralci di musica napoletana per comporre alcune delle sue tante (forse troppe!) opere autografe. L’intento, in realtà non proprio del giovane salisburghese, era quello di “abbattere” la concorrenza dei musicisti della scuola napoletana mettendoli in cattiva luce e “lanciando” il giovane genio – anche questa immagine costruita a mo’ di leggenda – che doveva emergere come un miracolo della natura e della musica. Di tutto questo ne è convinto Enzo Amato, al quale abbiamo posto alcune domande.
Ci narri del ritrovamento del manoscritto dell’Anfossi e di come si è accorto della… copiatura mozartiana.
Nel 1997, durante una delle mie “immersioni” tra gli antichi manoscritti conservati presso il Conservatorio San Pietro a Majella di Napoli, mi imbatto in una Sinfonia di Pasquale Anfossi: Venezia 1775. La Sinfonia, al centro del suo Andante, presentava la cellula melodica del Confutatis maledictis del Requiem di Mozart, che si rilevò con chiarezza quando la eseguii con l’Orchestra da Camera di Napoli. Decisi quindi di inserire Venezia 1775 nel lavoro discografico Sinfonie Napolitane e Sandro Cappelletto, curatore del libretto, ascoltando questo passo esclamò «Maestro, questo è Mozart!». Il 4 ottobre 1997, in prima pagina della “Stampa” di Torino, compariva un articolo a firma dello stesso Cappelletto dal titolo Mozart, Copione Geniale. Il 5 ottobre la notizia fu ripresa in prima pagina da The Times di Londra e Cappelletto ricevette i complimenti da Carlo Rossella, direttore della Stampa.
Il plagio era un’azione, per così dire, “normale” a quell’epoca?
Bisogna prima capire cos’è il plagio. Pierluigi De Palma, avvocato esperto di diritto d’autore, ritiene che il plagio esiste quando un autore si appropria dell’elemento caratterizzante di un’opera già esistente. Nel Settecento non esisteva il diritto d’autore, ma lo stesso Mozart dice in una sua lettera: “sono ben certo che prima di me nessuno scriverà una sola nota uguale alla mia”.
Perché innalzare tanto la figura di un giovane come Mozart?
“Uscirò dal cerchio della società, mi separerò dal suo modo di pensare, formerò una setta che non solo ponga Mozart in alto, ma che non conosca altri che Mozart”. Questa frase del filosofo danese Søren Aabye Kierkegaard compare nella Pietre-Stones Review of Freemasonery e in bella posta sul sito del Grande Oriente d’Italia della Massoneria di rito Scozzese antico ed accettato. Mitizzare la figura del salisburghese, tra falsità e menzogne, cancella la storia della musica Classica sviluppatasi nel Regno di Napoli, con il conseguente oblio che investe la genesi musicale di tutta la penisola italica.
E perché contrastare i compositori napoletani?
Annientare la cultura di un popolo per dominarlo e per non permettergli un sano e corretto sviluppo, che avrebbe sicuramente determinato una difficoltà di controllo da parte dell’Alta Sinarchia tesa a esercitare dominio sull’umanità attraverso un Governo Mondiale, ecco il motivo.
Di tutto questo parla anche in un suo libro…
Il libro La Musica del Sole, pubblicato da Controcorrente edizioni, afferma la Scuola Musicale Napoletana; parla degli antichi Conservatori, dei luoghi della musica nella Napoli del Settecento e dei suoi protagonisti, senza tralasciare la damnatio memoriae operata su questa Scuola a favore della Wiener Klassik.