
Il plissé è simbolo di raffinatezza, leggerezza, estro. Ha un accento francese, ma ha imparato a parlare napoletano. Già, perché anche Napoli ha la sua tradizione nel campo della plissettatura, e questa tradizione è legata alla storia di una famiglia: la famiglia Papoff, che tutt’oggi porta avanti e si impegna a diffondere questa straordinaria lavorazione dei tessuti che ha conquistato un posto nell’alta moda internazionale e nell’armadio di ogni donna.
In ogni piega di un capo plissettato Papoff ci sono oltre cent’anni di storia familiare e artigianale. Ci sono i sogni e le speranze di generazioni e generazioni, che non hanno mai smesso di credere nel tesoro che avevano tra le mani, reinventandosi ogni volta pur restando sempre fedeli a se stesse.
La storia prende avvio a circa metà Ottocento, quando un signore di nome Andrej Popov (da cui Papoff) giunse a Napoli dalla Russia, al seguito di uno zar. Si innamorò della città e di una bella dama francese, con cui mise su famiglia. Trascorsero gli anni, e uno dei discendenti di Andrej e Helene, Alberto, si recò in Francia, dove apprese l’arte del plissé, in gran voga nei primi anni del XX secolo. Infine tornò a Napoli, e vi impiantò una fabbrica di pieghettatura di tessuti: aveva portato con sé un carico di ‘stampi’ per il plissé, un progetto per una macchina pieghettatrice e, soprattutto, tante tecniche e segreti del mestiere. Ma la moda cambiò, e l’azienda dovette riconvertirsi: nacquero le Lavanderie Papoff, che divennero famose in tutta Napoli, con centinaia di dipendenti e decine di succursali.

Dopo alterne vicende, le lavanderie chiusero i battenti intorno agli anni ’90, ma l’attività di plissettatura non si fermò: fu Valeria, moglie di Alberto (nipote del fondatore) a prendere il testimone, aprendo al Vomero il laboratorio artigianale Le Plissé, che per oltre venticinque anni si è distinto per l’amore e la competenza che lo animavano, diventando un punto di riferimento per il plissé a Napoli. Oggi sono le figlie di Valeria, Alessandra e Stefania, con il prezioso aiuto di amici e parenti che le hanno supportate, a dare vita a Plissé Papoff: non più un progetto imprenditoriale, ma un’associazione culturale, che si pone l’obiettivo di diffondere e tutelare il plissé artigianale, affinché non scompaia soffocato dall’industria.

In questo sta il carattere peculiare di Plissé Papoff: avviene tutto come una volta, attraverso meravigliosi stampi originali in cartone, che sono stati rispolverati e opportunamente restaurati. Del plissé le sorelle Papoff conoscono ogni segreto: dalle fibre adatte per la plissettatura – il poliestere è perfetto, mentre lino, cotone e viscosa sono da evitare – al modo di tagliare il tessuto, dalla ‘cura’ di un capo plissettato alla sua conservazione ottimale. L’associazione offre, dunque, servizi di plissettatura, di ‘recupero’ di abiti che hanno perso la piega, di consulenza e di formazione: il sogno di Alessandra e Stefania è quello di far conoscere al mondo l’arte del plissé, attraverso corsi, manuali, progetti. Ma soprattutto attraverso quella luce negli occhi di chi ha una bella storia da raccontare.
Il plissé: cos’è e come si realizza

Il plissé è la tecnica che consiste nell’imprimere pieghe su tessuto. Il termine deriva dal francese e vuol dire appunto ‘a pieghe’. Ma non c’è un solo tipo di plissé: le pieghe possono essere dritte, svasate, a fisarmonica, piatte, a cannoncini, a forma di stella, a zig zag, a onde, e così via. Prima della lavorazione a macchina, che permette di plissettare grandi quantità di tessuto in breve tempo ed è rivolta ad una produzione industriale, c’è la lavorazione ‘a stampo’ o ‘a cartone’, che invece è utilizzata per singoli capi e, essendo più accurata e personalizzabile, è rivolta a produzioni sartoriali e di alta qualità. La lavorazione funziona così: la stoffa viene inserita tra due stampi gemelli, in un cartone speciale. Lo stampo viene poi chiuso piega per piega, legato ben stretto, e sottoposto ad un bagno di vapore e al raffreddamento, senza l’utilizzo di alcuna sostanza chimica.