Quando i riti bacchici arrivarono a Roma… dalla Campania

In uno degli affreschi della Villa dei Misteri di Pompei è raffigurata una ragazza che si abbandona in lacrime sul grembo di un’altra, dopo essere stata flagellata; in primo piano nella scena c’è anche un’altra figura femminile, di spalle, che balla sfrenata. Si tratta probabilmente di un momento della cerimonia di iniziazione (cui è dedicato un intero ciclo di dipinti nella celebre Villa) al culto orfico-dionisiaco, che si era diffuso anche in Etruria e poi a Roma, attraverso i contatti con la Magna Grecia, a partire dal secondo secolo a.C.

villa dei misteri rito di iniziazione

Questo ed altri culti (di Demetra, di Cibele) provenivano dalla Grecia e dall’Oriente e fiorirono facilmente a Roma, perché, nei momenti difficili della comunità che si andava costituendo, fra guerre e continui conflitti sociali interni, sembravano offrire risposte, attraverso riti di espiazione e di purificazione, all’ansia esistenziale, che il rigido tradizionalismo romano non era in grado di appagare. Venivano per lo più tollerati, quando non ricondotti nell’alveo della religione ufficiale; ma anche monitorati, perché – avendo grande presa soprattutto sugli strati più bassi della società romana – non ne minassero i fondamenti ideologici. Ciò capitò, ad esempio, nel caso dei culti bacchici, giunti a Roma proprio dalla Campania e repressi con un celebre senatoconsulto (de Bacchanalibus, appunto, del 186 a.C.).

riti bacchici

La segretezza delle riunioni, che si svolgevano in un bosco sacro più volte al mese, coinvolgendo sia uomini che donne, aveva infatti messo in allarme il Senato, che formalmente si mostrava intenzionato a reprimere comportamenti che potessero sfociare in veri e propri crimini (non solo stupri, ma anche falsi ideologici e materiali, quando non omicidi), ma era in realtà diretto a intervenire su possibili focolai di dissenso politico, che vedeva addensarsi in queste riunioni. L’inchiesta straordinaria che aveva preso l’avvio dalle soffiate di due delatori, poi premiati, aveva individuato ben settemila associati, puniti nei casi più gravi con la morte.

senatoconsulto de bacchanalibus

Il testo di questa deliberazione senatoria è stato rinvenuto su una tavola scoperta in Calabria nel 1640 e oggi conservata a Vienna: la riproduzione su bronzo del – diremmo oggi – dispositivo del provvedimento, sciogliendo tutte le associazioni di matrice bacchica, intimava agli adepti (evidentemente numerosi anche fuori Roma) non solo di non celebrare i Baccanali e altri riti, sia in pubblico che in privato, ma anche di non avere una cassa comune dell’associazione, di non prestare voti reciproci di fedeltà e di non riunirsi in un numero superiore a cinque (due uomini e tre donne), se non previa autorizzazione speciale del senato stesso o del pretore. Per i trasgressori la pena prevista sarebbe stata ancora una volta la morte. La decisa azione senatoria ebbe certamente successo, perché dei Baccanali non si seppe più nulla.

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