Che Napoli non sia solo una bella cartolina è cosa risaputa. Che sia molto più della gabbia stereotipata in cui troppo spesso viene intrappolata è un assunto logico per i napoletani: pizza, Vesuvio e mandolino mai potranno descrivere i mille colori e le mille sfumature di una città che vive la sua quotidiana essenza nella perenne dicotomia tra luce ed ombra.
Ed è proprio dalla volontà di lasciare da parte quegli ormai inammissibili preconcetti, legando indissolubilmente Napoli alla fotografia, che ha origine l’idea della mostra fotografica #quantaluce, ospitata dal 10 al 25 settembre dal PAN, nella splendida cornice del seicentesco Palazzo Carafa di Roccella.
La luce, elemento primo dell’arte fotografica, permette di giocare con la realtà, di deformarla, di plasmarla secondo le esigenze e i capricci del momento, di nasconderla o esaltarla. Così Carlo Arace, classe ’68, fotografo napoletano di rara sensibilità artistica, ha giocato con Napoli, con la sua luce vivida e placida che si riflette su Piazza del Plebiscito e con le ombre che quella stessa luce origina nei vicoli del centro storico. Ne viene fuori un riuscito connubio tra civiltà e degrado, ricchezza e povertà, scintillio e oscurità.
L’intera mostra è un viaggio nella Napoli dei contrasti: la città, intesa nei suoi elementi materiali come piazze, vie, luoghi, monumenti e palazzi, rappresenta il capitale immobile, fisso e duraturo nel tempo: la luce. Le persone, intese come fruitori dei luoghi, siano esse abitanti o nomadi viandanti, compongono invece il capitale variabile nel tempo e del tempo: le ombre.
L’esposizione segue un preciso percorso che dalla “Sala della Purificazione”, dove i ventilatori installati hanno lo scopo catartico di far dimenticare allo spettatore la Napoli della pizza, Vesuvio e mandolino, conduce nella “Sala della Piazza”, in cui sono esposte le fotografie, rigorosamente in bianco e nero, che l’artista ha scattato in un arco temporale di due anni e che incarnano tutta la filosofia alla base del progetto. #quantaluce, infatti, non è solo una mostra, ma un vero modus operandi fotografico, basato sul contrasto luce – ombra, che Carlo Arace ha adottato e innalzato al rango di proposito artistico.
Conclude la mostra la “Sala di Danae”: dalla figura mitologica sedotta da Zeus un raggio di luce si irradia, squarcia il buio della sala e proietta immagini dai forti contrasti luminosi, figure umane o paesaggi arricchiti da brevi scritti di Maurizio De Giovanni e dalla musica di Bert.
Non solo una mostra fotografica, dunque, ma un vero e proprio percorso sensoriale ed emotivo che attraverso immagini, musica e parole accompagna il visitatore alla scoperta dei mille contrasti di Napoli.