Napoli è sempre stata grande fonte d’ispirazione per tutte le forme d’arte e, a tal proposito, è nata anche “Animus Neapolis”, la nuova rassegna fotografica di giovani autori e fotoamatori emergenti alle prese con “i movimenti della fotografia in città”. Raccontare parte della storia partenopea: questo è lo scopo della mostra che durerà fino al 22 novembre. L’inaugurazione è avvenuta ieri allo Slash music bar di Via Vincenzo Bellini tramite un incontro con l’autore Daniele Lepore che ha presentato il suo lavoro fotografico “Frammenti – luci ed ombre dall’ex carcere minorile Filangieri di Napoli”.
L’opera ci fa scoprire questo luogo noto a pochi, ora sede di attività ricreative per i bambini coordinate dai giovani volontari dell’associazione “Scugnizzo Liberato” nella parte ristrutturata dell’edificio. Le fotografie, caratterizzate da un bianco e nero dai forti contrasti, mostrano contemporaneamente il degrado dell’edificio e la voglia delle nuove generazioni di futuro e di riscatto.
L’idea di queste piccole mostre di nuovi fotografi è opera di Luca Sorbo, docente di Storia e Tecnica della Fotografia presso l’Accademia di Belle Arti di Napoli, che ha concesso un ideale patrocinio alla prima esposizione fotografica di questa serie. Di tempo ne è trascorso dagli inizi del XIX secolo, quando il francese Joseph Nicéphore Niépce fu il primo ad applicare, in ambito fotografico, i processi chimici utilizzati per fissare l’immagine ottica tramite la camera oscura, dando così vita all’invenzione della fotografia.
Nonostante i duecento anni che sono trascorsi da quel momento, passando per fasi importantissime che hanno creato movimenti di pensiero e forme d’arte come il cinema, ancora oggi essa rappresenta motivo di grande studio e interesse in tutto il mondo. La sua creazione è stata frutto dell’incessante voglia dell’uomo di cercare di immortalare il più fedelmente possibile la realtà: già la pittura riuscì in parte in questa impresa, ma è con le rappresentazioni fotografiche, provenienti dall’Ottocento in poi, che questa impresa sembra sempre più essersi consolidata, arrivando fino ai giorni nostri in cui la fotografia è divenuta ormai uno strumento di dominio pubblico.
Il progresso tecnologico, però, non deve farci dimenticare che il fotografare, inteso come forma d’arte, è ben altro che i superflui selfie che invadono i nostri cellulari e, quindi, le nostre vite. Come ci ricorda infatti l’attore, regista, sceneggiatore, scrittore, drammaturgo e produttore cinematografico statunitense George Orson Welles “la fotocamera è molto più di un apparecchio di registrazione, è un mezzo attraverso il quale i messaggi ci raggiungono da un altro mondo”. A tal proposito iniziative quali “Animus Neapolis”, come molte altre, contribuiscono a farci raggiungere quell’altro “mondo”, senza dimenticare l’essenza reale che si cela dietro una delle forme d’arte più pure e longeve di sempre, ovvero la fotografia.