Di posteggiatori ne sono rimasti pochi per le vie di Parthenope e loro, parola di Vinicio Capossela, sono i più tristi della città.
Talmente tristi che quando tre anni fa conobbero, grazie ad Agostino ‘o pazz, il grande musicista di origini campane questi non indugiò ad invitarli al suo esilarante spettacolo al Teatro Bellini per eseguire insieme “Pigliate na pastiglia”. Li incontro in una trattoria cittadina, di quelle dove si beve un buon vino della casa mentre tra i vapori di una zuppa di pesce li si sente posteggiare. Da come varcano l’uscio già mi appaiono un assemblaggio parecchio strano, con quelle facce meste che strappano risate. I Posteggiatori Tristi, questo il loro nome, sono musicisti e attori che rivisitano in chiave comico-clownesca l’arte musicale napoletana di strada.
Come si sono incontrati, a dire il vero, non lo ricordano nemmeno loro, ma una cosa è certa: la “colpa” è tutta del commendatore Sciarappa che, giurano, non hanno mai conosciuto di persona. A quanto pare costui, al fine di promuovere l’analcolico triste da lui inventato (di cui nessuno conosce la ricetta), la soda Sciarappa, decise tre anni fa di fondare un gruppo musicale. Per costituirlo si mise alla ricerca dei musicisti e dopo svariate ricerche incontrò, non si capisce bene come, il capocomico (voce e cappello) Karamanzov, un po’ russo e un po’ zingaro. A lui pensò di affiancare un clarinettista caduto in rovina e dal fragile equilibrio psico-fisico, Severo Lapezza, un batterista sconosciuto, Qualunque Esposito, un contrabbassista esistenziale, Bruno Tosalerba, espulso dalla scuola di Francoforte, un chitarrista-scienziato, Turiddu Faccia D’angelo e Paraustiello il secondo chitarrista fortemente ipocondriaco.
Alla classica posteggia, infatti, i Tristi uniscono elementi del teatro, dal cabaret alla macchietta, ormai quasi scomparsa, fino alla canzone “di giacca” drammatica. Con loro la posteggia dalle trattorie sale anche sul palcoscenico.
Ma questa non è l’unica novità. Nuovi, anzi, spregiudicati sono gli arrangiamenti che spaziano dal classico de “L’acquagliuolo” ai ritmi caraibici di “Piccolissima Serenata”, al jazz manouche di “‘Na voce e ‘na chitarra” fino al tango (dell’errore, una specie di scioglilingua che vede protagonista un uomo dal nome Massimo Equivoco) e alla musica zingara. “
Ma i Tristi non hanno battuto ciglio perché tra i loro miti ci sono “divinità” del calibro di Nino Taranto, Carosone (del cui premio sono stati i vincitori nell’edizione 2011), Boby Lapointe e Chava Flores che danno, questi ultimi, un grosso contributo di tristezza al lavoro musicale.
Saranno sempre tristi i posteggiatori? “Il problema – spiega Karamanzov – è che tutti sono affannosamente alla ricerca della felicità, ma pochi riescono a trovarla. La tristezza invece è più a portata di mano e non è una cosa negativa. Noi per esempio stiamo bene, siamo felicemente tristi”. E a giudicare dai volti sornioni dei nostri, c’è da crederci. Si spera solo che i Tristi non spargeranno troppa mestizia per i vicoli di Napoli, altrimenti, come fu nel 1220 con Federico II di Svevia che per salvaguardare il sonno dei cittadini vietò la posteggia notturna, l’attuale Re della città potrebbe vedersi costretto ad emanare un editto per limitarne le esibizioni, magari con il seguente imperativo: “Non scassateci con questa tristezza!”.