“Senso di marcia”, l’umanità della lotta alla mafia al Teatro Acacia

 Si chiama Senso di marcia (Giapeto editore) il docufilm del giornalista Duccio Giordano, per la sceneggiatura del collega Leandro Del Gaudio (autore con il magistrato Catello Maresca anche del libro dallo stesso titolo, liberamente tratto dal film) che esplora con animo itinerante l’Italia delle mafie, la penisola labirintica in cui appare ormai sempre più facile perdersi.

Sotto lo sguardo talvolta distratto, ma molto più spesso analitico e intransigente delle nuove generazioni (ragazzi delle scuole secondarie di primo e secondo grado di Napoli e di tutto l’hinterland partenopeo), l’opera proiettata al cinema-teatro Acacia il 13 Dicembre racconta le croci ma anche le delizie di chi denuncia l’oppressione e di chi la avversa attivamente, proclamandosi “soldato” in una guerra che non è importante solo vincere, ma soprattutto combattere.

Condotti dalle voci narranti di Luca Zingaretti e Claudia Ruffo, il Sostituto Procuratore della Repubblica Catello Maresca, Lucia Lotti, all’epoca a capo della Procura di Gela, il Procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho, allora a capo della Procura di Reggio Calabria, e tanti altri, vengono intervistati non solo come donne e uomini di stato ma principalmente come esseri umani, cercando nel rapporto con i figli, con la famiglia e con gli affetti una chiave di lettura empatica che ha lasciato ai ragazzi non solo un monito, ma anche lo spaccato di vite che potrebbero essere quelle dei loro genitori, di persone che “mettono un’armatura” (dice Del Gaudio a proposito di chi denuncia) o che imbastiscono la fiaba del “combattere il male” (Maresca), perché in fondo non c’è metafora migliore di quella più semplice.

L’intuizione di Del Gaudio, inoltre, è quella di mettere in scena non soltanto alte cariche e togati, ma anche una nutrita schiera di testimoni, cittadini delle realtà prese in esame e addirittura un collaboratore di giustizia, impresario di costruzioni che ammette di aver perso molto quando ha compiuto la propria scelta, ma che non esiterebbe a rifarla per il senso di libertà che da quel giorno lo accompagna.

Sì perché, tramite dei primi piani taglienti e accorati, Duccio Giordano riesce a cogliere lo straordinario senso di rivalsa che ciascuno dei “combattenti” prova da quando ha deciso di schierarsi apertamente, ora che può dire ciò che in fondo ha sempre pensato senza doversi nascondere. Anche nelle macchine blindate, anche negli uffici e con la scorta, appare evidente dalle immagini che questi individui sono molto più liberi dei loro “avversari”.

La chiusura poi, che riporta le fasi conclusive dell’arresto del boss del clan dei Casalesi Michele Zagaria, apre un occhio sul futuro che aspetta questa lotta, che siano gli attuali seguaci dello stato a vincerla o i loro successori.

Se la visione delle immagini è gratificante e a tratti persino toccante, inoltre, il vero spettacolo comincia quando le luci in sala si riaccendono: una calca di giovani studenti è ansiosa di fare domande agli ospiti Catello Maresca e gli stessi Del Gaudio e Giordano. Le domande sono sentite, ragionate, dimostrano l’acutezza di menti giovani solo per età anagrafica, che esperiscono ciò che li circonda in maniera consapevole e trasformano, tramite la supervisione dei docenti, ogni perplessità in spunto di riflessione arrivando a sorprendere gli intervistati stessi.

Gomorra, destra e sinistra, usi e costumi di una città si offrono al parere di chi indaga il tessuto sociale giorno per giorno, con la straordinaria testimonianza di una giovanissima studentessa di Acerra che denuncia il biocidio della Terra dei fuochi in maniera tanto imprevista quanto commovente, scatenando un sentito applauso non soltanto dalla platea, ma persino dagli ospiti sul palco.

 

 

 

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