Stare Manallart significa affidarsi ad un gruppo di professionalità giovani di alta formazione. Appena meno di un anno fa, dalla volontà di una squadra di architetti, storici dell’arte e archeologi nasceva l’omonima associazione, con l’idea missionaria della tutela dei beni culturali. In particolare riferimento il complesso dell’Annunziata.
Tra le prime meraviglie del Trecento napoletano, il complesso ha attraversato fasi architettoniche e storiche gloriose e devastanti, con sussistenze storico-artistiche semplicemente impagabili.
Famoso per la ruota degli esposti alla base dei tanti cognomi Esposito, gode di un portale cinquecentesco, di decorazioni fanzaghiane, del disegno di Luigi Vanvitelli nella chiesa e nel suo succorpo ipogeo, assieme agli affreschi di Belisario Corenzio nella sagrestia e nella sala del Tesoro, che sono solo le principali tra le numerosissime perle culturali del sito. E questo, tralasciando l’istituto d’accoglienza dei bambini, che, dal Medioevo agli inizi del Novecento, ha ospitato migliaia e migliaia di piccole vite altrimenti senza destino, il cui “capostipite” è Fabrizio, il primo Esposito ufficialmente nei registri.
Oggi, questa storia, dopo decenni di abbandono e di decadimento (tanto per cambiare) torna ad animarsi grazie alla volontà di Eduardo Miguel Salzano, Francesco Longobardi, Mara Palmieri, Anna Trocciola, Rosaria Rapidà, Chiara Bolognino, Maria Castaldo e Valentino Piccolo, anzitutto con un piano di recupero del bene dal punto di vista materiale e sociale. Occorre principalmente viverlo e farne riappropriare il quartiere, superando le oggettive difficoltà di memoria e di detenzione del luogo. E poi, occorre unire le potenzialità effettive con il valore religioso e antropologico, l’incredibile storia di carità ed educazione, l’immenso patrimonio storico artistico. I ragazzi di Manallart hanno perciò attivato un entusiasmante piano di progetti, che spazia dalle mostre alle presentazioni e letture, dai laboratori didattici ai concerti, fino alle visite guidate.
Il problema di un luogo come quello è l’imponente storia di uomini e donne da coniugare alla storia della cultura. Ma le risposte sono nel luogo stesso. Un esempio? La ruota, simbolo del sito e prima in Italia per importanza, è un semplicissimo oggetto ligneo, che però contiene in sé un rito che comunicare alla sensibilità odierna è non poco arduo.
Nel cuore della notte, le mamme incapaci di mantenere un figlio potevano lasciarlo nell’anonimato alla ruota, sorvegliata dalle suore ad ogni ora, e la religiosa di turno, accertandosi attraverso una feritoia della giacenza, accoglieva il trovatello girando la piattaforma e facendolo nuovamente partorire attraverso il ventre della ruota, paragonato al ventre di Maria, e così lavato e rivestito a mo’ di battesimo. Un atto di nuosuccva venuta al mondo nel grande brefotrofio dei “figli della Madonna”.
Ebbene, basta sapere che tra molti di questi figura un principe dell’arte come Vincenzo Gemito e che un editto di Gioacchino Murat introdusse lo svincolo dall’obbligo del cognome Esposito, per ricucire i lembi con la storia culturale e quella politica. Il complesso dell’Annunziata è tutto questo, e Manallart ne è attualmente la primaria risorsa. Il lavoro di questo team in appena pochi mesi di attività ha riportato il primo grande traguardo possibile: l’accesso. L’idea, anzitutto mentale, che i luoghi esistano, che non siano condannati dai catenacci e che, soprattutto, siano per tutti. Non come un pascolo, ma anzi come “terra santa” con potenzialità sterminate.
Ci rendiamo conto che il solo monumentale succorpo vanvitelliano, con sculture del Cinquecento, così come le terrecotte di Mario Pagano e i continui riferimenti misterici al numero otto è una fonte di ricerca, di conoscenza architettonica ed una quinta scenografica da fare invidia ad ogni più prezzolato auditorium? Ed allestendo mostre o biblioteche, o situando gli eventi i più vari in ambienti come la sacrestia, si avrebbe a disposizione il tetto affrescato da un campione come Belisario Corenzio ed i fianchi coperti dagli armadi lignei istoriati dal fondo dorato per realizzare ogni impresa.
Il complesso dell’Annunziata non è un museo di collezionismo (anche se ne ha tutte le dotazioni) ma un luogo tangibile della memoria di infiniti napoletani e non, già presidio avanguardistico per la pediatria e per la puericultura, oltre che prima testimonianza palpabile della dignità umana, con i suoi registri che traboccano non solo di nomi ed ore di deposito, ma di descrizioni fisiche dei piccoli in arrivo, a difesa delle individualità.
Basta far scintillare i diamanti sotto la polvere e resuscitare il passato per far da scuola al futuro, e le la squadra di Manallart ha in questa sfida la sua dimensione, in continua collaborazione con le altre associazioni del territorio. Non si tratta, in definitiva, solo di divulgazione culturale, ma di restituzione di un pezzo di Napoli al mondo, di cui l’arte (un tempo più che oggi) era la suprema rappresentante.
Per tutte le info su Manallart: https://www.facebook.com/manallart/