La Grande Accademia Nazionale della Scherma fu fondata a Napoli nel 1861 da tre gentiluomini partenopei – il cavalier Carlo Cinque e i Maestri d’arme Giacomo Massei e Annibale Parise – rappresentando il punto di convergenza delle massime esperienze schermistiche maturate nella città in cui la nobile arte vanta una tradizione risalente al XV secolo. I fondatori furono illustri patrioti meridionali che combatterono la dinastia borbonica subendo il carcere o l’esilio. Carlo Cinque, appassionato di scherma, apparteneva ad una famiglia liberale antiborbonica. Nel biennio 1859-1860 i Cinque erano una delle famiglie napoletane e salernitane che aderirono alla Società Nazionale Italiana. L’obiettivo dell’organizzazione era quello di intraprendere azioni di sostegno al movimento unitario nazionale italiano, appoggiando i progetti annessionistici di casa Savoia. La Società Nazionale, che si diffuse clandestinamente in tutta Italia, ebbe un ruolo importante nel preparare la spedizione dei Mille e nel fornirvi supporto. L’Accademia porta nell’aggettivo nazionale il ricordo dell’associazione politica di cui aveva fatto parte il Cinque.
Il maestro Annibale Parise, figlio di Raffaele, uno tra i più celebri maestri di scherma della sua epoca, dopo lunghe persecuzioni sofferte ai tempi dei Borbone, ritornò, alla caduta del Regno, all’esercizio della scherma, di cui si mostrò fortissimo cultore. Stette alla direzione dell’Accademia per oltre quindici anni. I Parise erano una famiglia di schermitori e di patrioti: nel 1848, l’amore per la libertà spinse il fratello di Annibale, Luigi, ad entrare nella lotta politica contro i Borbone, per cui fu rinchiuso nel carcere di San Francesco a Napoli, dove morì. Anche un altro fratello, Achille, padre di Masaniello, autore di un famosissimo trattato di scherma, condannato a morte dal re Ferdinando II in seguito ai moti liberali del Quarantotto, trovò salvezza nell’esilio, e a Torino, dove si rifugiò, tenne per lunghi anni una scuola di scherma. Assieme agli ideatori (il terzo Giacomo Massei, maestro di Annibale Parise, fu un tecnico senza una militanza politica), un nutrito gruppo di soci della prima ora dell’Accademia, provenienti dalle file dell’esercito, della magistratura, delle professioni civili porta il suo contributo di esperienze politiche e di idee all’elaborazione del progetto: tutti sono patrioti che hanno combattuto i Borboni e che, alla caduta della dinastia, vanno ad occupare i ruoli più importanti nel nuovo regime. Possiamo dire che le biografie dei primi soci della Grande Accademia Nazionale di Scherma sono un compendio del Risorgimento italiano.
L’Accademia viene concepita come una società d’incoraggiamento per diffondere la pratica schermistica e più in generale l’attività ginnica fra tutti i cittadini, oltre che fra i militi della Guardia Nazionale, borghesi in armi cui era affidata la difesa delle conquiste costituzionali: col vivo desiderio di vedere attuato il principio marziale per tutti i nostri concittadini e maggiormente per il benemerito corpo della Guardia Nazionale, recita la prefazione dello statuto.
Questa manifestazione d’intenti risente delle teorie egualitarie professate da Carlo Pisacane, noto a tutti sin dai banchi di scuola per la tragica spedizione di Sapri del 1857, celebrata da Luigi Mercantini con la poesia La spigolatrice di Sapri. Pisacane teorizzava la riappropriazione da parte delle classi popolari della pratica dell’arte militare, appannaggio fino a quel momento dell’aristocrazia e della borghesia. Secondo il patriota napoletano l’educazione morale e fisica dei componenti del futuro esercito italiano andava condotta fin dall’infanzia: in questo modo il problema dell’addestramento militare si trasformava in una pagina di pedagogia sociale. La scherma sarebbe stata insegnata nei ginnasi, cioè le palestre, istituiti in ogni città. Gli estensori della prefazione allo statuto dell’Accademia affermano gli stessi principi, e, conformemente allo scopo della massima diffusione della pratica schermistica fra i cittadini, nel Regolamento stabilivano, tra i vari provvedimenti, che in ciascun quartiere vi fosse una sala destinata ad attuare la scherma di scuola napolitana (Regolamento 1862, art. 1).
Le idee egualitarie di Pisacane passarono nello statuto dell’Accademia attraverso i soci fondatori Giovanni Nicotera ed Enrico Cosenz, che erano stati compagni d’azione del patriota napoletano.
Dopo oltre 150 anni l’Accademia Nazionale di Scherma non intende più diffondere la scherma fra i cittadini per prepararli alla guerra, ma è intenta a proporre alla società civile, attraverso la pratica sportiva, un sistema di valori costituito da lealtà, disciplina, disinteresse. I soci dell’Accademia sono persuasi del fatto che l’Italia oggi abbia bisogno di questi valori per superare una situazione di grande incertezza politica, economica e sociale per molti aspetti simile a quella dell’agosto 1861.