La svolta concettuale dell’artista Vittoria Piscitelli (Napoli, 1989) cade inconsapevolmente a fagiolo. Contemporaneamente al lancio di un aggiornamento whatsapp che permette di revocare entro qualche minuto l’ultimo messaggio appena inviato, la Piscitelli svela un lavoro basato sulla permanenza del testo, sulla contemplazione della lettera, sulla fondatezza del gesto comunicativo, che è pegno e identità di chi lo compie. Una bizzarra ma sintomatica coincidenza. Dopo i canali figurativi di Abat-jour (ne abbiamo parlato qui) è il momento di una radicalizzazione dell’essenziale, che esclude ogni immagine per focalizzarsi sulla scultura dello scrivere.
A comprenderne i primi sensi è stata Maria Pia De Chiara, titolare di Mapisgallery, nuova realtà galleristica napoletana con sede a Palazzo Serra di Cassano. La mostra nasce dal rinvenimento di alcune lettere familiari della Piscitelli, trasformate dall’artista in una ricetta di testi in forma di lettera e/o epigramma, immaginando una sorta di ipotetica corrispondenza d’amore. Perciò, ha sollevato degli arazzi che sono bandiere della testualità, misurandosi con la fatica fisica del ricamo manuale di ogni lettera. L’esposizione ha inizio con un sestetto di paesaggi da Abat-jour, i cui testi aggiunti dalla Piscitelli sono stati scuciti dalla figura ed affrescati in grande con l’ago, come un passetto evolutivo che introduce da una ricerca all’altra.
Ma sfatiamo subito le maglie intellettualistiche del termine. Qui, la ‘ricerca’ è la chiara ma difficile ammissione di necessità della propria sfera emotiva. Non è passatismo, né sentimentalismo. È lo sguardo di un’artista dell’epoca digitale, ma non sua nativa, che ha conosciuto generazionalmente l’abitudine alla penna, alla carta, e alla dimensione ‘lenta’ di una comunicazione che aveva corpo fisico. E, se la concezione della mostra è lo spendersi d’amore, la sua dimensione tecnica è proprio portare a vista lo spessore e la densità della composizione di ogni parola. Ed il ricamo, tradizionalmente arte della pazienza e del tempo, ne è l’esternazione più calzante.
Poche e scelte, le installazioni in esposizione, che portano certo frequenze pop e sanno di graphic design spogliato dai righelli di un software, sono tali per la loro semplice lunga realizzazione, segno di un’arte che punta ancora sull’oggetto definito per dirsi tale. Un testo può esemplificare l’idea di lettera: “Mio caro / sapessi che fatica / mi costa tutto questo / attendere, questo lottare / contro le circostanze [.] / fortunatamente / domani finalmente / ci vedremo / e sarà di nuovo / primavera [.]” Parole che sembrano venire da una corrispondenza di guerra di un secolo addietro, dissonanti con la sensibilità contemporanea, ma che sono ancora imprescindibili per dare senso alla propria voce.
Un altro testo esemplifica l’idea di epigramma: “Mio caro / straordinario / amore, / non vedo l’ora / che […]”. L’incompiutezza della frase è invito a considerare l’idea stessa dell’amore “straordinario”, e della capacità di concentrare tutte le proprie azioni nel pensiero costante di una prospettiva gioiosa. La permanenza di un voto, di un desiderio, di una volontà solida nell’epoca del volatile. Non che si debba andare verso la letteratura pura. È, questa, un’operazione visuale che ‘serve’ il testo, lo eleva e lo riporta a medium fondamentale del comunicare.
Si scriveva in bella e in brutta, fino a qualche anno fa, per produrre un oggetto anche bello da vedere e la si rileggeva una quarantina di volte – dice la Piscitelli – così come un tempo spendevo venticinque mila lire per un disco, e lo ascoltavo non meno di venticinque volte. È già molto che la Piscitelli indaga il campo emotivo, frutto anche della sua esperienza di insegnante nelle scuole secondarie, e il risultato della mostra ne porta i segni. Ma non è una volontà di fermare il tempo, bensì di esporre criteri spirituali poco adatti al mutamento, senza i quali semplicemente smettiamo di appartenere a noi stessi e ai nostri affetti, per un orizzonte indefinito. Appunto: tutto questo l’ho fatto solo per te significa conoscere la propria volontà, che difficilmente si rintraccia nell’ebbrezza dell’immediato a tutti i costi.