Ha il mare tutto intorno, ma soprattutto dentro: lungo le stradine che si snodano fino al porticciolo, nelle voci dei bambini al primo tuffo d’estate, nei volti di pescatori centenari dopo una giornata di lavoro, in un piatto di spaghetti a vongole e nelle storie tutte. A percorrerlo ci si sente in una cartolina di Napoli trovata in un vecchio cassetto dei ricordi, perché di quella Napoli custodisce, intatta, l’identità, a partire dalle sue leggendarie origini. Il Borgo Marinari è fatto così: dentro la città eppure lontano da essa. Romantico, soprattutto all’ora del tramonto.
Bello di una bellezza autentica, che non scende a compromessi col tempo che passa: sì, perché lasciandosi alle spalle il mastodontico Castel dell’Ovo e addentrandosi – scarpe basse e cellulare spento – nell’isolotto di Megaride, su cui l’antico borgo sorge, si ha la sensazione che le lancette dell’orologio rallentino la loro corsa e ci si immerge in un presepe tutto partenopeo, che affascina oggi e affascinava ieri: si ritiene che sia stato quello il punto d’approdo dei Greci prima e dei Cumani poi, i quali, nel VII secolo a.C., avrebbero fondato il primo nucleo di Palepoli, la futura Napoli. Già nel I secolo a.C., Lucio Licinio Lucullo vi stabilì la sua dépendance: acquisì nella zona un vasto fondo e sull’isola costruì una splendida villa, dotata di una ricchissima biblioteca, di allevamenti di murene e di alberi di pesco importati dalla Persia, assoluta novità insieme ai ciliegi che il generale aveva fatto arrivare da Cerasunto.
In seguito, sull’isolotto si insediarono alcuni monaci Basiliani che vi fondarono il loro convento, dedicato prima a San Salvatore e, successivamente, a San Sebastiano: oggi del convento rimane solo la chiesa di San Salvatore. Il Borgo che si apre ai nostri occhi, fu progettato a fine ‘800 allo scopo di edificare case popolari da destinare alle famiglie meno abbienti dei vicoli insalubri dietro Via Santa Lucia: i lavori andavano a rilento e si conclusero agli inizi del 1900, motivo per cui i “Luciani” preferirono trasferirsi nel già sovraffollato “Pallonetto”, serie di vicoli che ancora oggi si abbarbicano sui fianchi della collina di Pizzofalcone.
Così le abitazioni, inizialmente destinate ad edilizia popolare, vennero prese in affitto per la stagione estiva, facendo la fortuna di attività ancora oggi esistenti: “Il Transatlantico”, “La Bersagliera”, “Zì Teresa”, “’O tabaccaro”, sono solo alcuni dei ristorantini che animano l’isolotto con la loro cucina tradizionale e un’atmosfera raccolta. Agli inizi del ‘900, nel borgo, iniziarono a sorgere alcuni celebri Café Chantants, come l’ “Eldorado” e il “Santa Lucia”, dove si davano piacevoli spettacoli che duravano tutta la notte: in quei caffè un giovane Enrico Caruso cantava ‘a pusteggia napoletana. Oggi quella musica famosa in tutto il mondo risuona nelle voci e negli strumenti di cantanti di strada, che offrono ai viandanti uno spettacolo privato davanti a quello, naturale, del Borgo Marinari.