Quando “Veleno”, il film del regista Diego Olivares, prodotto da Figli del Bronx, è stato selezionato per la settimana della critica del Festival del Cinema di Venezia, nessuno avrebbe potuto immaginare che l’estate appena finita sarebbe stata la più drammatica in termini di roghi appiccati a boschi e discariche. Un’estate resa indimenticabile dagli autori (le cause degli incendi sono molteplici e ancora al vaglio degli inquirenti) di veri e propri crimini ambientali – il Vesuvio ne è diventato l’emblema – che da oltre vent’anni si consumano sul suolo campano. Ed ecco che involontariamente “Veleno”, in programmazione nei cinema dal 14 settembre, è diventato un film di strettissima attualità, in un momento in cui l’attenzione mediatica verso questo tema si è parecchio affievolita.
La storia è quella di due fratelli contadini Cosimo (un ottimo Massimiliano Gallo) ed Ezio (Gennaro di Colandrea) che gestiscono l’azienda agricola, ereditata dal padre, lavorando la terra e curando le bufale. Il loro terreno viene attenzionato dalla malavita in combutta con professionisti senza scrupoli, come il rampante avvocato Rino Caradonna (Salvatore Esposito), che se ne vogliono appropriare, in cambio di soldi, per estendere la confinante discarica abusiva. Cosimo e sua moglie Rosaria (la brava Luisa Ranieri), in attesa del primo figlio, non vogliono cedere a compromessi mentre suo fratello e la moglie (Miriam Candurro) sono ben disposti a farlo.
Nel frattempo che si dipana il conflitto tra i due, Cosimo si ammala di tumore e nel giro di poco tempo le sue condizioni di salute si fanno disperate.La pellicola, che non concede sconti alla durezza del tema, mette in scena, partendo da una storia vera, il dramma della “terra dei fuochi” e delle conseguenze dell’inquinamento ambientale sulla salute umana. Un tema che negli ultimi tre anni ha diviso e continua a dividere l’opinione pubblica tra chi ritiene l’interramento dei rifiuti tossici, provenienti soprattutto dal nord Italia, una vera e propria emergenza e chi non lo ritene tale, né considera valida la connessione tra inquinamento e insorgenza di malattie tumorali in aree specifiche della Campania, danneggiata nell’immagine.
Sullo sfondo delle diverse posizioni sul tema “Veleno” ha suscitato polemiche, in particolare da parte del giornalista Filippo Facci del quotidiano «Libero» per il quale l’opera filmica racconta solo “balle”. Polemiche che hanno costretto al Festival di Venezia prima, e al Napoli Film Festival poi, produttori e attori a chiarire – tra l’altro – che il tema dell’inquinamento ambientale riguarda l’intero Paese e non solo la Regione Campania. «Il cinema – ha affermato l’attore Massimiliano Gallo al Napoli Film Festival dove a fine settembre è stato proiettato il film – deve anche occuparsi di temi sociali che interessano la collettività».
«Così come abbiamo detto a Venezia – ha continuato l’attore – la pellicola, accolta molto bene al Lido, racconta il problema di un piccolo pezzo di territorio. Non è tutto inquinato, questo lo dico con forza. E con la stessa forza sottolineo le parole di Alessandro Gassman, intervenuto alla conferenza stampa di presentazione del film, per il quale la Campania è un modello da imitare in quanto ha avuto la forza di reagire, con le “armi” della cultura e dell’impegno civile, dinanzi ai problemi che l’attanagliano». Un film che prende posizioni chiare sull’argomento e lo fa “spiando” dal buco della serratura una famiglia di contadini che impatta con un groviglio di miserie umane, dal piccolo camionista che trasporta i fusti tossici per soldi, all’avvocato legato alla camorra che decide di candidarsi a sindaco del proprio paese.
Sicuramente quest’ultimo personaggio, interpretato da Salvatore Esposito (il Genny Savastano di Gomorra), fa fare allo spettatore un’automatica associazione con la nota serie di Sky tv, indebolendo la forza della storia di vita, narrata in maniera molto dura e lineare (un po’ troppo), a favore dell’estetica gomorrista. Ma il pregio di “Veleno” sta nel riaccendere i riflettori su un tema importante che riguarda l’Italia intera, ancora poco consapevole dei seri effetti del mortale intreccio tra politica corrotta, imprenditoria senza scrupoli e malavita organizzata.