Quel giorno i due viaggiatori di un Grand Tour dell’anima e del “piccolo è bello”, percorrendo la statale 407, staffilata dalle impertinenti anse del fiume Basento, poco dopo il bivio di Salandra-Grottole, decisero di risalire la provinciale sulla loro destra, tanto un certo toponimo li attraeva per l’assonanza storica con la loro città di residenza. Venivano, infatti, da Napoli, e avevano sentito dire che, in provincia di Matera, un abitato intero, Ferrandina, 482 m.s.m., poco meno di diecimila abitanti, fosse stata fondata dagli Aragonesi che, nel bene e nel male, tanta importanza avevano avuto nel Regno di Napoli, estendendo, poi, il loro dominio sino alle Puglie di cui Matera, tra alterne vicende feudali, fece parte sino al 1663, quando fu aggregata alla Provincia di Basilicata. E suo capoluogo fino al 1806, quando lo divenne Potenza, mentre nel 1927, Matera fu dichiarata Provincia.
A Napoli non esisteva una grande zona tutta aragonese – più o meno 1442-1496 – mentre l’orma si estendeva a macchia di leopardo. Come del resto per ogni popolo che governa, prima e dopo. E come, più o meno, succede per tutte le grandi città.
Dunque i viaggiatori di fine XX secolo decisero di visitare Ferrandina e, una volta giunti, scoprirono – lapide sul Palazzo comunale – che era stata fondata proprio attorno al 1490, da Federico d’Aragona, che le dette il nome, in memoria del padre Ferrante. Curioso, nello stemma, il serpente, simbolo di astuzia e di prudenza, come, forse, prudenti furono i primi abitanti che vi si trasferirono dal non più sicuro Colle di Uggiano i cui suggestivi ruderi spingono ad una passeggiata al tramonto, magari attraversando stupende coltivazioni di ulivi.
Giusto al loro arrivo, “la banda suonò” (un caso, un caso) ma quello era proprio il giorno del Raduno nazionale delle Bande da giro, voluto fortemente da Nicola Pavese, Presidente regionale dell’Anima (Associazione nazionale bande italiane musicali autonome) che, come tutte le belle favole, ora non esiste più. Ma il giovane Pavese, allora trentottenne, caleidoscopico artista e innamorato di Ferrandina, era, è anche uno splendido pittore – allievo di Luigi Guerricchio – un figurativo dalle atmosfere vellutate e rassicuranti, a sua volta un viaggiatore del Mediterraneo, della luce, dello spirito magnogreco, del connubio lucano-siculo penetrato attraverso i viaggi e la voluta conoscenza con Sciascia, Zancanaro e la speranza del ponte con l’Africa, i colori ocra, il messaggio poetico. Rivalutando il valore della solitudine.
E, dunque, visitare Ferrandina, mentore, discreto ma stimolante, Pavese, è certamente cosa privilegiata. Che può capitare a chiunque. Basta cercarlo. A Matera ove abita per lavoro (ovunque grafica e tele), o a Ferrandina, ove risiede in ogni attimo libero, per amore di ogni pietra. Che lo porta, dicembre 2001, a fondare, con altri 14 amici, l’Associazione “La Cupola Verde”, con “tanta voglia di operare, di far conoscere la loro cittadina, di promuovere arte, cultura, sport e tempo libero”. Come recita l’articolo di fondo dell’omonimo “Foglio”, il mensile nato a Gennaio 2002. Pronubo sempre Pavese. Di solito composto di due facciate, denso di notizie, commenti, riflessioni, spazio per ogni tipo di argomento – come raramente ci è capitato di trovare -, è diretto da tempo da Filippo Radogna, giornalista professionista e scrittore, laureato in Agraria e studioso di questa branca fondamentale per la regione lucana. Perché questo nome? Perché tra le numerose chiese – e conventi – spicca, e domina tutta la valle, quella di San Domenico, con la cupola maiolicata ricoperta di tegole color ocra, bianco e verde, introvabile in altre zone lucane e insolito contrasto con l’uniforme paramento murario in mattoni. Scandiscono le ariose piazze, una teoria di portici, inimmaginabili, mentre architetture, quadri e decorazioni di carattere religioso e profano ricordano maestranze ed artisti attivi a Napoli in periodo aragonese e immediatamente successivo. Molti e di grande eleganza anche i palazzi nobiliari, tra cui, particolare, il Cantorio, aperto al pubblico per le giornate del FAI e d’estate, quando è molto stimolante vedere al lavoro i giovanissimi ciceroni ferrandinesi.
Già molto popolata a metà ‘700 (5000 abitanti), la città è suddivisa in contrade, mentre anche molto interessante risulta la zona di Palazzo Centola, “La Cittadella”, ove tra il “Fosso Camarda” e i “Pozzi idrici” si sviluppa una sorta d’inedito filare di piccole case a schiera che ricordano i “Casalini” di Policoro (Mt) sorti circa all’inizio del’900 come abitazioni contadine.
Grande attenzione presta “La Cupola verde” al ricordo vivo di tradizioni e lavori di un tempo, alcuni ancora esistenti. Sintomatico uno straordinario, recente, volume, stessa edizione, dal titolo “A Ckiede Tiembe…!”, diviso in dieci sezioni, ricco di contributi di abitanti di ogni età e di ogni ceto. Il valore della memoria… Una città intera, sottolineata da una Rivista, un libro; “monumenti” vivi per allontanarsi dalla rassegnazione, piagnona, spesso “comodo” rifugio del nostro sud. Scandito, a Ferrandina, dalla vivacità di scambi culturali con le regioni limitrofe. Argomento preferenziale la nostra cultura e una continua lettura del meridionalismo storico accanto ad una rilettura dell’oggi. Da Giovanni Russo a Mario Trufelli; da Lisanti a D’Amelio; da Alessio Ambruso a Giovanni Caserta. Da Pavese a Radogna. Sino alla…vostra cronista. Oggi viaggiatrice solinga ma con l’Amicizia nel cuore. Ferrandina, stazione FS lungo la Napoli-Bari, che serve anche la magica, vicina Matera, patrimonio dell’Unesco, ma fra i pochi Capoluoghi di Provincia italiani senza Ferrovia dello stato.